Altro che jella. Mia Martini porta fortuna: su Rai1 è boom. La testimonianza di Biagio Antonacci e di Vincenzo Mollica
In un’intervista del 1989, l’anno in cui ritornò in scena proprio a Sanremo con “Almeno tu nell’universo”, la stessa Mimì raccontò la genesi di quella infinita cattiveria. Biagio Antonacci: "Mi dissero di non lavorare con lei

Altro che jella. Mia Martini porta fortuna. Sette milioni 727 mila, oltre il 31% di share: un successo incredibile per il film “Io sono Mia”, andato in onda martedì 12 febbraio. Un grande successo per Rai1, per Raifiction, per il produttore Luca Barbareschi, per il regista Riccardo Donna (qui l'intervista) e per Serena Rossi, che l’ha interpretata con struggente tenerezza e grande rispetto, senza imitarla ma rendendone la dolcezza e il talento (qui la nostra videointervista all'attrice che a Sanremo ha cantato "Almeno tu nell'universo"). Ma il successo non si misura soltanto con i numeri. In queste ore i social tracimano commozione, rimpianto, stupore e indignazione per la storia di questa immensa artista, morta da sola e trovata dopo due giorni nel maggio del 1995, che fu distrutta e osteggiata dall’orrenda superstizione di essere una portatrice di jella. Una diceria che la perseguitò per molti anni rendendole in pratica impossibile svolgere il suo lavoro.

In un’intervista del 1989, l’anno in cui ritornò in scena proprio a Sanremo con “Almeno tu nell’universo”, al settimanale Epoca la stessa Mia Martini raccontò la genesi di quella infinita cattiveria: “Tutto è cominciato nel 1970, cominciavo ad avere i miei primi successi. Un impresario mi propose un'esclusiva a vita. Era un tipo assolutamente inaffidabile e rifiutai. E dopo qualche giorno, di ritorno da un concerto in Sicilia, il pulmino su cui viaggiavo con il mio gruppo fu coinvolto in un incidente. Due ragazzi persero la vita e quell'impresario ne approfittò subito per appiccicarmi l'etichetta di ‘porta jella'". Da allora l’aneddotica della superstizione, del fango, della cattiveria si allungò a dismisura. E sempre la cantante nella stessa intervista rivelò: “All’inizio ridevo di questa fama. Poi mi accorsi che non soltanto i nemici e gli invidiosi ma anche le persone che amavo si lasciavano condizionare da questa mia fama. Finché ero una cantante di successo mi sembrava soltanto un gioco fastidioso. Ci scherzavo su. Poi però la cosa divenne sempre più seria. Chiesi anche ai responsabili della mia casa discografica di allora di intervenire ma se ne guardarono bene”.
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Ma i rivoli lerci della calunnia si insinuano in ogni dove e purtroppo non sempre basta denunciarla per interromperne la triste catena di cattiveria e invidia. Così, proprio durante la messa in onda del film di Rai1, Biagio Antonacci sui social ha testimoniato quanto quella diceria continuasse a perseguitare la grande Mimì, facendo riferimento alla loro collaborazione del 1992, successiva quindi alla denuncia pubblica che fece Mimì. Ecco cosa ha scritto Antonacci: “Mia Martini è stata una donna eccezionale nella mia vita. Lei venne a Rozzano nella casa di mia madre che ci fece da mangiare una ‘cofanata’ di pasta con il pesce. Poi io mi misi al piano e lì cantai ‘Il fiume dei profumi’ nello studiolo di casa dove dormivo anche. Lei si mise là, umilissima, e disse ‘Questa canzone la canto io’. Poi ascoltò ‘Liberatemi’ e mi disse che sarebbe stato un successo pazzesco. E infatti accadde. Ma non accadde solo questo. Certe persone che mi dissero allora di non lavorare con lei perché portava sfortuna (e furono tanti in quel periodo) alla fine la presero sui denti perché il disco vendette moltissimo alla faccia di quelli che oggi non fanno più nemmeno i discografici”.
Insomma, a dispetto delle superstizioni Mia Martini portava invece grande fortuna. Anche il giornalista del Tg1 Vincenzo Mollica, amico e grande estimatore di Mia Martini, ricorda quel periodo: “Se vuoi distruggere una persona nel mondo dello spettacolo basta che ti inventi questa cattiveria. Con Mimì fecero così. Ricordo con grande affetto l’ultima volta che l’ho vista. Era il 1994 a Saxarubra. Ci vedemmo per parlare del suo nuovo disco, “La musica che mi gira intorno”. In quel disco c’era la bellissima canzone “Mimì sarà” composta per lei da Francesco de Gregori. Basta rileggere quel testo, che Mimì accettò di cantare, per capire tutto”. Le ultime due strofe di quella canzone recitano così:
Sarà che tutta la vita è una strada e la vedi tornare,
come la lacrime tornano agli occhi e ti fanno più male,
e nessuno ti vede, e nessuno ti vuole per quello che sei.
Sarà che i cani stanotte alla porta li sento abbaiare,
sarà che sopra al tuo cuore c'è scritto "Vietato passare",
il tuo amore è un segreto, il tuo cuore è un divieto,
personale al completo, e va bene così.
Chiamatemi Mimì, chiamatemi Mimì.