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Marco Paolini non si dà pace: "Ho ucciso una donna e non riesco a perdonarmi"

A distanza di quasi un anno dall’incidente stradale nel quale è morta una donna, l'attore ripercorre quei momenti concitati e racconta lo stato d’animo dopo la tragedia avvenuta sull’autostrada A4, vicino a Verona, lo scorso 17 luglio.

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Marco Paolini non si dà pace: 'Ho ucciso una donna e non riesco a perdonarmi'

Non c'è più pace nella vita di Marco Paolini dopo quel drammatico 17 luglio dell'anno scorso quando a causa di un improvviso colpo di tosse, la sua auto sbandò causando infine la morte di una donna. Intervistato da Gian Antonio Stella, l'attore racconta per la prima volta che cosa avvenne esattamente quel giorno e come la sua vita da allora sia cambiata per sempre. Tutto avvenne all'uscita della A4 vicino a Verona. Paolini tamponò con l'auto che guidava l'utilitaria di due amiche, buttandola fuori strada. Un incidente terribile dal quale l'attore è uscito illeso nel corpo, ma non nell'anima. Perché il peso da portare per sempre è quello di essere responsabile di una morte: gravemente ferita, la 53enne Alessandra Lighezzolo, madre di due figli e titolare di un negozio di abbigliamento per bimbi, morirà solo 3 giorni più tardi. "Omicida stradale": questa la sentenza patteggiata, con una condanna a un anno di reclusione, pena sospesa con la condizionale.  

L’ho vista volare sulla strada di sotto, sulla tangenziale

"C'era molto traffico. Impossibile correre. Si andava in colonna. Viaggiavo sulla corsia centrale. A un certo punto mi è tornato un attacco di tosse - ricorda Paolini, che in quei giorni aveva avuto episodi ricorrenti di una forte tosse secca -. E lì, come ho potuto rivedere nei fotogrammi di un filmato delle telecamere fisse di Autostrade, mi sono spostato sulla corsia di destra. E di colpo mi sono visto addosso alla macchina di Alessandra Lighezzolo e Anna Tovo. Loro erano su una 500, io su una station wagon. Un camion, in confronto. L’ho speronata. E l’ho vista volare sulla strada di sotto, sulla tangenziale. Dietro una siepe. Rovesciata. Per fortuna il traffico di sotto si fermò quasi subito. Senza ulteriori tragedie. Eravamo lungo una piazzola d’emergenza. Mi sono fermato, ho dato l'allarme".  La tosse quindi, e non un telefono in mano come era stato riferito, la "negligenza" di Paolini costata la vita di Alessandra: "Non stavo telefonando. E neppure ricevendo messaggi - sottolinea l'attore -. Dato l'allarme la prima cosa che ho fatto è stata quella di consegnare appunto il telefonino alla Stradale. Loro hanno potuto confrontare tutti i dati. L'ultima telefonata l'avevo fatta a mia moglie qualche minuto prima per dirle che arrivavo".

Ho ammesso subito che era colpa mia

Paolini ricorda "di aver ammesso subito che era stata colpa mia. Che ero io, il responsabile. Io ad avere sbagliato". Che si trovava "lì bloccato, stupito di non essermi fatto assolutamente niente mentre avevo gravemente ferito altre persone. Era una cosa che mi rendeva furibondo. Era ingiusto. Spaventoso", spiega, riferendosi a quella che Stella chiama la "sproporzione". Qualcosa di "insopportabile" per l'attore: "Tutti sappiamo che cose così possono succedere. Che una distrazione, un errore, una svista possono creare danni irreparabili. Tutti gli amici hanno provato a tenermi su ripetendomelo. Ma non hai modo di prepararti a questo. Quando succede... Undici mesi dopo quel giorno non è cambiato molto. Posso provare a capire me stesso. Ma non riesco a perdonarmi".

La parola "omicida" è un fardello enorme

E allora perché rompere il silenzio proprio ora? "C'è una sentenza. A mio carico. E c'è scritto nero su bianco: "omicida stradale". Capisco la parola usata dal legislatore. La capisco. Bisogna rendere le persone consapevoli del rischio che fanno correre agli altri quando guidano. È giusto. Ma la parola "omicida"", spiega, è un fardello enorme, soprattutto quando dal palco si parla di "una cosa fantastica. La vita. E dentro la vita anche le cose più orribili ti fanno attaccare alla vita. Anche se dentro non riesco a perdonarmi… Non ce la faccio. So che tra me e me devo ancora fare un discorsetto. Non posso perdonarmi da solo. E non ho fretta di arrivarci. Non c’entra con la giustizia del tribunale. Con la sentenza. Con l’omicidio stradale. Il fatto è che quando ti rendi conto che una cosa è irreversibile... Insomma, niente è più come prima".

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