Quando hai incontrato il Male e il sesso è diventato puro potere: i 50 anni del Portiere di notte
Il film di Liliana Cavani uscì nel 1974, fu un grande successo, lanciò Charlotte Rampling e spaccò critica e opinione pubblica. Un documentario lo rievoca

Nel 1974 fu un boato internazionale. Uno scandalo. Un grande successo al botteghino, ma spaccò la critica e l'opinione pubblica. Il portiere di notte aveva osato mettere in scena la ripresa del gioco fra vittima e carnefice, fra servo e padrone, di due persone che quel gioco lo avevano vissuto nel campo di concentramento di Auschwitz. Dove Max era un ufficiale delle SS e Lucia una giovanissima prigioniera ebrea. Più di 50 anni fa Liliana Cavani, oggi 92enne, era la regista che mostrava al mondo a cosa possono portare ferite e traumi come quelli degli abusi subiti durante gli orrori della guerra, quando quelle ferite psicologiche ed emotive si riaprono. A mezzo secolo dall'uscita di Il portiere di notte (con Dirk Bogarde nei panni di Max e Charlotte Rampling in quelli di Lucia) arriva il documentario che ripercorre i retroscena della realizzazione di quel film così controverso, che sarà nelle sale in autunno ed è stato presentato in anteprima a Carpi, cittadina di origine della Cavani.
Quando il sesso è puro potere
Oggi un film come Il portiere di notte non si potrebbe produrre. Troppo provocatoria la storia, e troppo a rischio le pieghe dell'animo umano che la Cavani andava a sondare con gli attori Rampling e Bogarde. Un film gelido, pieno di senso di colpa (dello stesso ex boia nazista, che nel film lavora a Vienna, appunto, come portiere di notte, e di Lucia, ritrovata durante una serata a teatro nella capitale). Di ombre dell'orrore nazista, con un processo che incombe sugli occupanti dell'albergo in cui lavora Max, molti dei quali sono ex nazisti che temono la testimonianza di qualcuno che possa portarer alla condanna di tutti loro, nel frattempo diventati rispettabili persone dell'alta borghesia.
Poi c'è il rapporto fra Max e Lucia, sempre più accerchiati da ricordi, lampi del passato, dalle pressioni attorno alla camera in cui fanno rivivere il gioco sadomasochistico di servo e padrone, o di padrona e servo, dato che spesso i ruoli si invertono. La Cavani spiegò in diversi interviste di essersi ispirata a una storia vera. Quella dell'incontro fra lei e una signora dell'alta borghesia milanese, che le aveva confessato come l'aver incontrato il Male, nei campi di concentramento, l'avesse costretta a far cose la cui vergonosità non aveva mai superato. E viveva prigioniera di quei fantasmi mentali ed emotivi. Come i due personaggi principali del Portiere di notte. Dove anche il sesso è puro potere, e si porta appresso la morte che ti insegue per ciò che hai fatto.
