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Rupert Everett si reincarna in Oscar Wilde: "Quando il cinema mi aveva messo da parte"

L'attore britannico a Roma per girare "Il nome della Rosa" parla di "The happy Prince", suo esordio alla regia e si sfoga sull'omofobia sempre più diffusa

Cinzia Marongiudi Cinzia Marongiu   

Alzi la mano chi non si è mai innamorata di lui. O almeno chi non ci ha fantasticato sopra per qualche istante, magari guardando e riguardando la scena finale de “Il matrimonio del mio migliore amico” quando lui consolava l’amica del cuore Julia Roberts sola e triste dopo che il suo ex le aveva definitivamente preferito la nuova fidanzata. “Ciao splendore, ti diverti?” che in un gioco ironico di seduzione diventava un irresistibile invito a ballare: “E appare lui bellissimo, elegante, raggiante nel suo carisma. Viene verso di te e benché tu intuisca che è gay come la maggior parte degli scapoli di sconvolgente bellezza della sua età ti dici: “Ma che diamine la vita continua, forse non ci sarà matrimonio, forse non ci sarà sesso, ma ci sarà almeno il ballo”. Lui è Rupert Everett e proprio in questi giorni è a Roma per presentare “The Happy Prince”, il suo esordio alla regia che più che un’interpretazione è una sorta di reincarnazione in Oscar Wilde, scrittore, drammaturgo, aforista e poeta irlandese, omosessuale dichiarato, proprio come lo stesso Everett.

Il film di cui è interprete e regista è già passato fuori concorso Berlinale Special e sarà in sala da giovedì 12 aprile in Italia in circa 150 copie con Vision Distribution. Certo, ora a distanza di 20 anni, una barba folta e brizzolata gli copre il viso mentre i capelli nerissimi e folti hanno lasciato il posto a un taglio a spazzola. L’aria è finto-dimessa ma il carisma e la simpatia sono quelli di sempre. In una conferenza stampa molto affollata, Everett parla della figura di Oscar Wilde come fondamentale per l'orgoglio gay visto che è stato il "primo a portare avanti il movimento gay e visto che la parola omosessuale diventa tale solo dopo la sua morte".

E fa un paragone ardito con la figura di Gesù: "Oscar era un grande genio ma anche un grande essere umano. Una cosa che lo avvicina a Cristo. In più è stato crocifisso ed è rinato dopo la morte, proprio come Gesù". Per fare questo film, spiega l'attore inglese che sta girando a Cinecittà la serie tv Il nome della Rosa "ho impiegato dieci anni solo per trovare i soldi, ma per me è stato anche un modo per restare nel mondo del cinema che mi aveva un po' messo da parte (dopo il suo coming out, ndr)". Infine si lascia andare a uno sfogo sulla condizione degli omosessuali nel mondo e anche in Italia: "Ancora oggi gli omosessuali vengono perseguitati in Russia, Cina e India e anche in Italia e Gran Bretagna la loro situazione non è affatto buona. In Italia c'è l'atteggiamento omofobo della Lega e, dopo 17 anni, Genova non sostiene più il Gay Pride. C'è insomma una rinnovata fobia contro gli omosessuali e rispetto a queste cose bisogna essere vigilanti e attivi".

Cinzia Marongiudi Cinzia Marongiu   
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