"Il discorso del Re", una balbuzie da Oscar per Colin Firth
di Emanuele Bigi

Colin Firth ha preso il volo verso l’Oscar. Dopo il successo ai Golden Globe (era quasi certo) per la sua interpretazione di Giorgio VI nel regale Il discorso del Re di Tom Hooper (nelle nostre sale dal 28 gennaio), il tragitto verso la statuetta più ambita del reame si fa meno impervio. Già lo scorso anno ha assaporato la vittoria grazie alla strepitosa performance in A Single Man di Tom Ford, che ha fatto guadagnare all’attore la meritata Coppa Volpi. Il 2011 potrebbe essere l’anno giusto, visto che qualche giorno fa Firth si è aggiudicato la stella numero 2429 della famosa Walk of Fame di Hollywood Boulevard, proprio vicino all’attrice conterranea Emma Thompson.
La balbuzie e la dichiarazione di guerra - Ne Il discorso del Re, l’attore inglese, amante dell’Italia (vive proprio nel Belpaese con la moglie Livia), veste i panni di Bertie, il figlio balbuziente di Giorgio V (Michael Gambon), costretto a salire sul trono d’Inghilterra a causa l’abdicazione del fratello Eduardo VIII (Guy Pearce), che preferisce sposare l’amore della vita, divorziata ben due volte, rinunciando così al regno. La balbuzie diventa un problema serio in vista dei discorsi che dovrà tenere al popolo via radio e in vista dell’imminente Seconda Guerra Mondiale. Sarà proprio con il discorso dell’entrata in guerra dell’Inghilterra contro la Germania che Bertie supererà l’ostacolo. La moglie Elisabetta (Helena Bonham Carter), la futura Regina Madre, sprona il marito a curarsi e ad incontrare il poco ortodosso logopedista Lionel Logue, interpretato da uno straordinario Geoffrey Rush, già premio Oscar per Shine.
Flirth e i problemi del ruolo - L’incontro tra i due non è dei più felici. Il Re non permette il confronto personale, non abbandona la sua supponenza aristocratica, non confessa fino in fondo i traumi infantili e soprattutto non crede nella guarigione. Col tempo però Lionel riuscirà ad abbattere quella barriera sociale che divide i due protagonisti e a instaurare un rapporto di amicizia, alla pari. Bertie, come finalmente si farà chiamare anche da Lionel, supererà la paura nei confronti della sua stessa ombra, quell’ombra che lo ha sempre accompagnato sin dall’infanzia. “Non è la prima volta che mi capita di interpretare un personaggio con questo tipo di problema – ha dichiarato Firth al Guardian – mi provoca dei forti mal di testa, e per qualche giorno sono stato colpito anche da una semiparalisi. È strano: dovevo imparare a balbettare e nello stesso tempo dovevo interpretare un personaggio che tentava in tutti i modi di parlare correttamente”.
Flirth e i problemi del ruolo - L’incontro tra i due non è dei più felici. Il Re non permette il confronto personale, non abbandona la sua supponenza aristocratica, non confessa fino in fondo i traumi infantili e soprattutto non crede nella guarigione. Col tempo però Lionel riuscirà ad abbattere quella barriera sociale che divide i due protagonisti e a instaurare un rapporto di amicizia, alla pari. Bertie, come finalmente si farà chiamare anche da Lionel, supererà la paura nei confronti della sua stessa ombra, quell’ombra che lo ha sempre accompagnato sin dall’infanzia. “Non è la prima volta che mi capita di interpretare un personaggio con questo tipo di problema – ha dichiarato Firth al Guardian – mi provoca dei forti mal di testa, e per qualche giorno sono stato colpito anche da una semiparalisi. È strano: dovevo imparare a balbettare e nello stesso tempo dovevo interpretare un personaggio che tentava in tutti i modi di parlare correttamente”.
di Emanuele Bigi
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