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Diego Abantantuono: "Io, nonno professionista. Ma da bambino vivevo vestito da cowboy"

Intervista all'attore Diego Abatantuono: il suo racconto di Improvvisamente Natale: quando un nonno organizza le feste a ferragosto per amore di una nipote

Andrea Giordanodi Andrea Giordano   
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      Cosa succederebbe se quest’anno Natale arrivasse molto prima, magari a Ferragosto? Che le cose (decorazioni comprese) creerebbero subito un’atmosfera inedita e magica. È un anticipo (letteralmente) di festa quello che ci regala il nuovo film di Francesco Patierno, Improvvisamente Natale, dal 1° dicembre in onda su Amazon Prime Video.

      Una commedia impregnata di buoni sentimenti, cast variegato, in cui il divertimento c'è e si fa sentire, grazie soprattutto a un super nonno (lo è anche nella vita con i suoi tre nipoti) come Lorenzo, alias Diego Abatantuono. 

      Che in questo caso interpreta un proprietario di un albergo  immerso tra le montagne, chiamato a decidere se vendere o meno a dei compratori esteri. Nel frattempo, la figlia Alberta (Violante Placido) e il genero Giacomo (Lodo Guenzi), coppia ampiamente in crisi, si presentano a sorpresa insieme alla figlia Chiara (la bravissima Sara Ciocca), che scopre suo malgrado che quella potrebbe essere l’ultima volta dove poter stare tutti insieme. Ed allora esprime un desiderio: sia subito tempo di alberi, vigilia e regali, cosa che il nonno fa avverare. Nel mentre vanno salvati rapporti, storie personali, si affrontano imprevisti,  con gli altri, da Nino Frassica, parroco della zona, i genitori di lui (Antonio Catania e Anna Galiena), un cameriere-jolly (Mago Forest) a un’ospite d’eccezione (Gloria Guida, tornata dopo 40 anni a recitare), uniti nel ruotare intorno al fatto che quell’hotel celi qualcosa in effetti di davvero unico e da preservare.

      "Un ruolo adatto alla mia età", ci  racconta Abantantuono. "Ho vissuto gran parte della mia vita sul set, ma se fai dei film lo intuisci prima se starai bene, così lavori meglio, con gioia, ed è più facile. Mi piace fare questo lavoro, perché scelgo i progetti in base anche a quello che mi piace. Ho fatto tanti lavori drammatici, ma alla fine poi ho capito che mi diverto di più a fare i film comici, è un po’ più complicato, prevede delle doti, o sei portato, o nulla. Sul set faccio, prima ancora di girare, so chi c’è, come si svilupperanno le serate, l’importante è stare bene, si parla, vengono fuori delle idee, è un modo di lavorare che porto avanti da anni fa, e continuo così". 

      E in effetti se scorriamo l’esistenza professionale dell’attore milanese, i numeri sono di quelli un grande fuoriclasse del grande schermo, da quasi 80 film divisi in 46 anni, impreziositi dal David di Donatello alla carriera 2022, nei quali è riuscito a spaziare tra tv, il teatro, toni più seri, primeggiando, ma nello stesso tempo lasciando spazio agli altri. 

      Si potrebbe andare tutti al tuo funerale, scritto insieme a Giorgio Terruzzi, uscito pochi mesi fa online, ne è la riprova. Una testimonianza bellissima e a cuore aperto riguardo la sua vita, una specie di 8 ½ felliniano, in cui l’inizio è quello di un sogno, la partenza (reale) per fare però i conti con se stesso e ciò che gli è accaduto.

      "Il titolo riprende una frase di Beppe Viola ed Enzo Jannacci, ma inquadra il periodo storico, quello del Derby, che per me è stata un’ università di vita", sottolinea. "Tutto è visto però da una situazione che ovviamente non mi è mai capitata. Il fatto è questo, se c’è una festa, e non ci sono, la subisco, mi dispiace, soffro, amo contornami delle persone. Dunque ho immaginato una sera di essere malato, di aver forse un febbrone, mi è venuto in mente quando da piccolo mia madre mi metteva il Vicks Vaporub, e un panno caldo che scaldava. Ecco io sto dormendo, sento fuori gli amici, le voci, penso allora ad una festa». 

      Ma il Natale che sapore ha per lei? "Sono ricordi. Quelli di mio padre, che costruiva per me un grande fortino, il campo degli indiani, i soldatini, regalandomi poi un sacchetto di cuoio con dentro delle monete finte, era il bottino. Io vivevo vestito da cowboy, o da Zorro, uscivo vestito da Carnevale, al Giambellino (il quartiere milanese dov’è cresciuto, ndr), e in mano tenevo il mio spadino di plastica".

      Andrea Giordanodi Andrea Giordano   
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