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Bergonzoni: "La tv nuoce gravemente alla salute. Il miglior conduttore? Il rame"

Esce nelle sale il 3 marzo, per la regia di Riccardo Rodolfi, "Urge", di e con Alessandro Bergonzoni, tratto dall'omonimo successo teatrale

di Emanuele Bigi   
Alessandro Bergonzoni
Alessandro Bergonzoni

Un giocoliere della parola. Un funambolo del linguaggio. Alessandro Bergonzoni, per chi lo conosce (e chi non lo conoscesse farebbe bene ad assistere almeno una volta a un suo spettacolo teatrale), fa dell’ars oratoria lo strumento per raccontare i sogni, la società, le bellezze e le nefandezze del mondo, e le curiosità dell’universo invisibile che si nasconde dietro gli accoppiamenti di lemmi.

Dopo quasi 30 anni di teatro l’artista dai capelli da santone, che in molti hanno visto sul palcoscenico del Maurizio Costanzo Show negli anni Novanta e che qualcuno avrà riconosciuto nel Pinocchio di Roberto Benigni, approda al cinema. Dal 3 marzo arriva nelle sale la versione cinematografica del suo spettacolo Urge, ormai arrivato a circa 200 repliche.

L’idea è venuta al regista Riccardo Rodolfi, che conosce Bergonzoni da anni. Una modalità di fruizione che permette allo spettatore di “entrare sotto la pelle dello spettacolo”, afferma Rodolfi. Lo spettatore guarda da vicino Bergonzoni che viene osservato da macchine da presa digitali, e lui come un demiurgo ci fa entrare nel suo mondo folle e affascinante, onirico e reale, divertente e delirante, scollato dal presente e proiettato nel futuro, immaginifico e concreto.

La parola conduce dentro lo sconfinato territorio della “vastità”. Dopo un sogno (“Era il 15 agosto e nevicava…”) l’artista cerca di scoprirne il significato, poi ci conduce in mondi paralleli e perpendicolari, in un gioco di matriosche dove le storie e le parole eruttano, si sovrappongono in un monologo di oltre un’ora e mezza.

Il pubblico ripreso, e anche quello che assiste davanti al grande schermo, spesso si lascia andare a risate liberatorie. Qualcosa dentro noi si muove. E’ un po’ la stessa sensazione che Bergonzoni vorrebbe provare al cinema davanti a un film: “Mi piace quando il cinema muove le onde, smuove le frequenze del corpo e del cuore – rivela – quando riesce a creare una certa alchimia con lo spettatore”. 

In Urge la realtà si annida tra le pieghe dell’onirico. Ecco allora che lui, l’artista, il demiurgo (non vuole essere chiamato attore) vorrebbe che tutti urlassero “perché siamo compressi”; “per tornare al bello – dice - dovremmo ribellarci” e sulla tv: “Nuoce gravemente alla salute. L’unico buon conduttore è il rame perché fa scorrere meglio l’energia”. E in proposito Bergonzoni non ha dubbi: “Credo che la televisione abbia dentro di sé il virus letale dell’auto-consacrazione e dell’eccesso totale di potere – dichiara - È come se iniettasse una specie di siero che trasforma le persone in entità autoreferenziali. Sono terrorizzato dai talk-show perché fanno perdere la nostra dimensione, un po’ come succede a certa politica: quando entra in quella scatola perde la sua dimensione”.

di Emanuele Bigi   
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È cresciuto con la passione per il cinema che non lo ha mai mollato. È autore...

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