Benigni e il Leone d'Oro. Ritratto di un artista esplosivo: quando prese in braccio Berlinguer e fece cadere la Carrà
Comico dissacrante, attore di razza, regista e sceneggiatore da Oscar, straordinario divulgatore della “Divina Commedia”, ma anche dei “Dieci Comandamenti” e perfino della “Costituzione Italiana”. Le trovate geniali di una carriera ineguagliabile
“Il mio cuore è colmo di gioia e gratitudine”. Roberto Benigni è il Leone d'oro alla carriera della 78/a Mostra Internazionale del Cinema di Venezia. Il grande comico, attore, regista e sceneggiatore toscano tocca il cielo con un dito e non fa niente per nasconderlo visto che al suo incredibile carnet di premi, tra cui l’Oscar per “La vita è bella”, se ne aggiunge un altro altrettanto importante. “È un onore immenso ricevere un così alto riconoscimento verso il mio lavoro”.
Comico esplosivo, osservatore dissacrante della società, straordinario divulgatore della “Divina Commedia”, ma anche commentatore commosso ed emozionante dei “Dieci Comandamenti” e perfino della “Costituzione Italiana”, oltre che regista e interprete di razza al servizio di grandi autori come Matteo Garrone, del quale ha interpretato con estrema bravura il recente "Pinocchio” nei panni di Geppetto, ma anche Jim Jarmusch e il grande Federico Fellini. Insomma, il Leone d’Oro Benigni se lo è strameritato in 30 anni di ineguagliabile carriera, riuscendo ogni volta che si riaffaccia in tv o al cinema a creare un evento capace di catalizzare l’attenzione generale e ad offrire spunti di riflessione. Ma soprattutto è un artista capace di passare dal dramma più fosco, come la Shoah, alla commedia più surreale con incredibile naturalezza, capace di farci ridere come matti e commuovere fino al pianto, capace, come pochi altri, di donarsi anima e corpo al suo pubblico.
Classe 1952, Benigni viene da una famiglia di contadini di Castiglion Fiorentino: tre sorelle e poi lui, magro come un'acciuga ma pieno di energia e buonumore. Cresciuto a Prato, prima nella frazione di Galciana e poi in quella di Vergaio, dove vive tuttora la sua famiglia di origine, si è diplomato ragioniere anche se la sua vera passione per lo spettacolo ha preso presto il sopravvento.
Nel 1983 durante le riprese di "Tu mi turbi" conosce Nicoletta Braschi, la donna della sua vita, che diventerà sua moglie il 26 dicembre 1991 con una cerimonia privata nel convento di clausura delle suore cappuccine; Nicoletta, attrice cesenate, da quel momento sarà al suo fianco, dentro e fuori dal set.
Benigni prima di approdare al cinema però ha portato la sua ironia dissacrante in tv: è lui ad animare "L'Altra domenica" di Renzo Arbore con l'indimenticabile personaggio del critco cinematografico che non sa niente dei film di cui parla. È lui, sempre nel 1983, a prendere in braccio il segretario del Pci Enrico Berlinguer, forte di una delle sue maschere comiche, il comunista Cioni. Un gesto che ritroveremo molte volte nella carriera di Benigni, sempre pronto a rompere gli schemi di qualsiasi cerimoniale e a farsene beffe. Eccolo camminare sopra gli schienali delle poltrone per andare a prendere l'Oscar che Sophia Loren gli annuncia ridendo con un plateale: "Roberto!". Eccolo ancora strizzare i genitali di Pippo Baudo a Sanremo o nascondersi sotto il vestito di Raffaella Carrà fino a farla cadere per terra.
Il grande successo al cinema arriva con 'Non ci resta che piangere', scritto, diretto e interpretato con l'amico Massimo Troisi: oltre 15 miliardi di lire di incassi e metà degli italiani capaci ancora oggi di recitarne a memoria alcune delle scene più divetenti. Arriva poi l'esperienza americana con tre film diretti dall'amico Jim Jarmusch: 'Daunbailò' , 'Coffee and Cigarettes' e 'Taxisti di notte'.
Nel 1991 fonda con Nicoletta Braschi la Melampo Cinematografica che produce altri grandi successi come "Johnny Stecchino", "Il mostro", "La vita è bella" (1997), "Pinocchio" (2002) e "La tigre e la neve" (2005). A quella di sceneggiatore e regista oltre che di interprete dei suoi film, alterna anche l'attività di attore: nel 1990 è nel film di Federico Fellini, "La voce della luna", e nel 2019, come già detto, nel ruolo di Geppetto, nel "Pinocchio" di Matteo Garrone. E poi l'attività di narratore teatrale con la "Divina Commedia" di Dante Alighieri, il Canto degli italiani, i "Principi fondamentali della Costituzione della Repubblica Italiana" e i "Dieci comandamenti biblici". Capace di costruire un grande show su qualsiasi testo ma anche solo su un gesto o un errore inaspettato. Come solo i grandi sanno fare.
Ad annunciare la decisione presa dal cda della Biennale di Venezia su proposta del direttore della Mostra, è lo stesso Alberto Barbera. Il Leone d’Oro verrà consegnato nel corso del Festival che si svolgerà dall'1 all'11 settembre 2021. “Fin dai suoi esordi avvenuti all’insegna di una ventata innovatrice e irrispettosa di regole e tradizioni, Roberto Benigni si è imposto nel panorama dello spettacolo italiano come una figura di riferimento, senza precedenti e senza eguali”, ha spiegato Alberto Barbera. “Alternando le sue apparizioni su palcoscenici teatrali, set cinematografici e studi televisivi con risultati di volta in volta sorprendenti, si è imposto in tutti grazie alla sua esuberanza e irruenza, alla generosità con cui si concede al pubblico e alla gioiosità appassionata che costituisce la cifra forse più originale delle sue creazioni".