Dalla tv del dolore alla tv dell’orrore: la confessione del matricida a Pomeriggio 5 accende la polemica. La spiegazione di Myrta Merlino
Si riaccende il dibattito sul confine tra informazione e spettacolarizzazione dopo la messa in onda di Lorenzo Carbone in evidente stato di shock

Ci risiamo. La confessione in diretta televisiva di Lorenzo Carbone, l'uomo ricercato per l'omicidio di sua madre, ha riacceso il dibattito sulla cosiddetta "TV del dolore". La decisione di "Pomeriggo Cinque" e della conduttrice Myrta Merlino di mandare in onda l'intervista-confessione ha scatenato infatti numerose polemiche sui social (dopo l'addio della D'Urso non si doveva puntare più in alto?) e tra i giornalisti, sollevando interrogativi etici sul ruolo dei media quando si affrontano temi così delicati. Mentre alcuni criticano aspramente questa scelta, altri difendono l'operato della redazione, affermando che in certi casi la cronaca debba essere raccontata senza filtri, anche se questa può risultare cruda e scioccante.
Faccia a faccia con il matricida, poi la decisione
Di certo c'è che la tragedia di Spezzano di Fiorano ha scosso l'opinione pubblica italiana. Lunedì pomeriggio, il giornalista Fabio Giuffrida si è ritrovato faccia a faccia con Lorenzo Carbone, l'uomo ricercato per l'omicidio di sua madre Loretta Levrini, un'ottantenne trovata morta nel suo appartamento. L'uomo, in preda a un evidente stato di disorientamento, ha confessato in tv su Canale 5: "L'ho strangolata. Non so perché l'ho fatto. Ogni tanto mi faceva un po' arrabbiare, mia mamma ripeteva sempre le cose. Non ce la facevo più, mia mamma era tra la demenza e l'Alzheimer, non riuscivo a gestirla".
Gaia Tortora: "Fatto gravissimo. Stracciato il codice deontologico"
Questa cruda testimonianza, trasmessa da Pomeriggio 5, ha scatenato un vero e proprio dibattito all'interno del mondo dei media e in particolare su X. Sui social sono piovute numerose critiche, con il commento di Gaia Tortora, vicedirettrice del tg de La7, che ha definito l'accaduto come "gravissimo" e la scelta di mandare in onda l'intervista come aver "stracciato il codice deontologico".
Myrta Merlino difende la sua scelta: "Ho consultato le forze dell'ordine"
Tuttavia, la conduttrice Myrta Merlino difende la sua decisione e nella puntata del giorno dopo afferma di aver agito "da giornalista", privilegiando la notizia e il diritto dell'opinione pubblica di essere informata. Secondo Merlino, "le scelte che fai fanno la differenza" e in questo caso, pur consapevole delle polemiche che sarebbero scaturite, ha ritenuto giusto dare ampio spazio a quella confessione, dopo aver consultato le forze dell'ordine. Dello stesso avviso anche l’ex comandante dei Ris Luciano Garofano. "Hai fatto bene, ha detto rivolgendosi alla giornalista, è un documento importantissimo. Questo è giornalismo investigativo. Ricordo un caso, quello di Ferdinando Carretta che si risolse attraverso l’intervista di Pino Rinaldi, un collega come te, prosegue. Questa è una virtù del giornalismo nel momento in cui si può dare un contributo alle indagini. Ora c’è una base sulla quale investigatori e pubblico ministero possono lavorare. Attraverso questa confessione si disvela un mondo terribile. Di sofferenze, fragilità e violenze" – ha concluso Luciano Garofano.
Nuzzi: "Non bisogna chiudere gli occhi se la cronaca è uno schiaffo"
A sostenerla, anche il giornalista Gianluigi Nuzzi, intervenuto a Uno, Nessuno, 100Milan (Radio24), il quale ha dichiarato che "non dobbiamo chiudere gli occhi quando la cronaca è uno schiaffo". Anche Nuzzi cita il precedente della confessione di Ferdinando Carretta, che nel 1989 uccise i suoi familiari e venne intervistato dal giornalista Pino Rinaldi anni dopo, sottolineando come in certi casi la testimonianza diretta possa essere un elemento fondamentale per comprendere a fondo la vicenda.
Il confine tra informazione e spettacolarizzazione
Il dibattito che ne è scaturito verte come al solito sull'annosa questione dell'etica giornalistica e sul confine tra informazione e spettacolarizzazione. Da un lato, chi critica aspramente la scelta di Pomeriggio 5, ritenendola una violazione del codice deontologico, dall'altro chi difende l'operato della redazione, affermando che a volte la cronaca deve essere raccontata senza filtri, anche se questo comporta un contenuto più crudo e scioccante.
La tv del dolore, l'etica dei media e la loro responsabilità
Più in generale, il caso di Lorenzo Carbone e la sua confessione in tv riaccendono il dibattito sulla "TV del dolore", un format tristemente conosciuto da anni, che tracima a tutte le ore dai palinsesti, sollevando interrogativi etici sul ruolo dei media e sulla loro responsabilità nel trattare temi così delicati. Una riflessione necessaria per comprendere i limiti e le linee guida da seguire quando la cronaca diventa un "schiaffo" per l'opinione pubblica.
Le implicazioni legali di una confessione in tv
Occorre andare addirittura oltre gli interrogativi etici. La confessione televisiva di Carbone potrebbe essere considerata una prova ammissibile in tribunale, in quanto resa spontaneamente e senza coercizione. Va detto, altresì che lo stesso Carbone, interrogato dagli inquirenti si è valso della facoltà di non rispondere. La sua eventuale utilizzabilità dipenderebbe dalle valutazioni del giudice sulla sua affidabilità e volontarietà. Non semplice.
Altro quesito. La messa in onda della confessione avrebbe potuto influenzare o intralciare le indagini in corso da parte delle forze dell'ordine? Ci sono infatti preoccupazioni che queste rivelazioni davanti alle telecamere possa compromettere la raccolta di ulteriori prove o testimonianze. E ancora: la diffusione pubblica di dettagli così personali e traumatici solleva interrogativi sulla tutela della privacy dell'indagato e della vittima.
Ultimo, ma non meno importante è la questione sulla presunzione di innocenza: il diritto alla presunzione di innocenza fino a sentenza definitiva potrebbe essere messo in discussione da una confessione resa in tv rischiando di influenzare l'opinione pubblica e il percorso processuale.