La "Raffa" nascosta: "Gli amori di cui non dirò mai" e il film shock che rifiutò e che ha fatto epoca

Di Japino e Boncompagni si sa tutto. Di altri no, lei ha imposto la cortina di ferro. Ma qualche spiffero c'è stato. Compreso un suo "no" a Bellocchio

La Carrà con Sinatra, si disse che lui fosse pazzo di lei. A destra, il ruolo scandaloso in 'Il caso Venere privata'
La Carrà con Sinatra, si disse che lui fosse pazzo di lei. A destra, il ruolo scandaloso in "Il caso Venere privata"

Era una donna, prima ancora che una star della tv e dello spettacolo, avanti rispetto ai suoi tempi. Molto più avanti del Paese in cui era nata e viveva. ll nostro. Un'icona di cui si parlerà e si scriverà sempre di più, andando molto oltre le facili definizioni di "signora della tv domenicale, dei grandi programmi serali e delle carrambate". Ma se tutto si sa dei due grandi amori di Raffaella Carrà, quelli per Gianni Boncompagni e Sergio Japino (ben rievocati qui) c'è una "Raffa" nascosta che bisogna andare a stanare per capire il suo rapporto tra il voler osare e il sapersi ritirare di fronte a sfide vissute come troppo grandi, e capaci di turbare una come lei, capace di una tenerezza di ferro nel lavoro come nei rapporti personali.

Raffaella Carrà: i mille volti di una star

"Quelle passioni che terrò segrete"

Lo aveva accennato diverse volte e ripetuto per l'ultima volta nel 2017 in una intervista concessa al Corriere della Sera, Raffaella Carrà: di Sergio Japino e Gianni Boncompagni potete sapere tutto. Ma quelli ufficiali non erano certo stati gli unici amori della sua vita, terminata a 78 anni dopo una breve malattia. Ce n'erano stati altri, diversi. E su questi, la donna dell'ombelico scoperto, del Tuca Tuca in tv, quella che secondo il Guardian aveva "insegnato il sesso all'Europa" è sempre stata decisissima a mantenere la cortina di ferro. Lo ribadì quattro anni fa di fronte a Massimo Gramellini: "Ho avuto due grandi storie d'amore note. E altre ignote che non rivelerò mai". Può darsi che due di questi siano sfuggiti al muro di riservatezza imposto dalla Carrà, e hanno a che fare tutti e due con la Raffaella cinematografica: Frank Sinatra e Raimondo Vianello. Il primo lo incontrò sul set di Il colonnello Von Ryan, di cui lui era protagonista principale e lei unico ruolo femminile nel film. Si disse sempre che Sinatra fosse impazzito per questa talentuosa e libera italiana (sempre terrorizzata dal concedersi troppo presto e da un padre padrone che aveva vincolato il proseguimento degli studi artistici di lei alla sua "purezza") e che i critici Usa le trovassero un fascino e una fisicità che ricordavano nientemeno che Audrey Hepburn. Chissà come andarono davvero le cose, di certo lei rifiutò una collana che lui voleva regalarle "perché avevo capito cosa voleva in cambio". E chissà se, sia stato vero il flirt con Raimondo Vianello, l'unico mai attribuito all'attore, sul set della parodia Il vostro super agente Flit. E' la Raffa prudente, riservata, perfino spaventata quella che arretra di fronte a un film che ha segnato per sempre l'Italia e il suo pubblico.

Il no a "I pugni in tasca"

E' stato il critico Marco Giusti a scrivere di come il rifiuto della parte in I pugni in tasca di Marco Bellocchio abbia forse impedito a Raffaella Carrà di diventare un'autentica star del cinema, spingendola verso ruoli secondari o comunque meno dirompenti, e poi dirigendola definitivamente verso la tv che l'ha resa, quella sì, una superstar internazionale. Uscito nel 1965, I pugni in tasca fu un cazzotto allo stomaco dell'Italia perbenista tutta Chiesa e famiglia, lanciò la carriera di Marco Bellocchio e di Lou Castel e anticipò la contestazione del Sessantotto. Storia di un figlio rabbioso e ribelle contro l'ipocrisia familiare, cresciuto fra una madre vedova e cieca, due fratelli e una sorella, chiuso in un suo mondo di sentimenti inespressi che lo porterà a distruggere la famiglia prima di soccombere all'epilessia che lo affligge. Nel film è fondamentale il rapporto, ora di complicità, ora di inimicizia, con la sorella Giulia, interpretata da una grande Paola Pitagora. E' probabilmente questo il ruolo che la Carrà rifiutò. E che la spinse verso film di genere, come il peplum, la parodia, il film di guerra di serie B. Poco prima della svolta tv, però, un ruolo davvero osè in Il caso Venere privata (che Boisset trasse da un bel giallo di Scerbanenco) in cui Raffaella si fa riprendere in pose piuttosto scabrose, specie per l'epoca. Portando da lì in poi questa forza dirompente nella tv e nella musica, i suoi veri imperi. 

Una scena di "I pugni in tasca": grandissimo scandalo e grande successo (foto dalla pagina Wikipedia sul film)