Malkovich dal cinema all'alta moda in tv: "Bertolucci? Per lui ho fatto un'autentica pazzia"
L'attore fa i conti con la sua lunga carriera e col tempo che passa, su Apple Tv+ è in streaming he New Look, storia dell'incontro-scontro fra Chanel e Dior
"Il cinema è solo un piccolo ingranaggio, mentre il teatro è qualcosa di organico", è vita. Inizia così la chiacchierata con John Malkovich, parlando riguardo al piacere della recitazione, e alla capacità, per lui, di sorprendersi, ancora, dopo oltre 40 anni di carriera. Quando lo incontriamo, quasi un anno fa alla Berlinale, è per un nuovo film, Seneca – On the Creation of Earthquakes, diretto da Robert Schwentke, da noi rimasto inedito. Un ritratto surreale e originale, in cui riveste i panni del grande filosofo e politico romano, maestro di Nerone. Altra tappa di un “viaggio anomalo e indecifrabile”, così definisce, in cui è riuscito però ad affascinarci in pellicole entrate ormai nell’immaginario collettivo: da Le relazioni pericolose, L’impero del sole, Il tè nel deserto, Nel centro del mirino, Con Air, o in quel gioiello com’è Essere John Malkovich, diretto da Spike Jonze, e scritto da Charlie Kaufman, in cui i personaggi entravano addirittura nella sua mente per 15 minuti. Immersione totale.
Bernardo: un maestro indimenticabile
“Penso spesso a Bertolucci” ci racconta. “Aveva una visione davvero brillante, era una persona straordinariamente spiritosa, divertente. Ricordo il giorno in cui ho visto per la prima volta Ultimo tango a Parigi, avrò avuto 18-19 anni. Mi colpì la forza, l’eleganza, l’aspetto sovversivo e rivoluzionario. Dall’Illinois, dove vivevo allora, feci una pazzia, mi spostai per 170 miglia solo per vederlo sul grande schermo. Speravo, un giorno, di collaborarci insieme, e alla fine ci sono riuscito. Siamo diventati amici, si stupiva che non mi interessassi ad esempio di politica, io non voto da anni, provava a convincermi a cambiare idea». Ma l’Italia gli è nel cuore da sempre, visto che nel tempo è riuscito a essere diretto da altri grandi autore quali Liliana Cavani, Gabriele Salvatores, Michelangelo Antonioni (in Al di là delle nuvole), e in ultimo Paolo Sorrentino, nella serie The New Pope, interpretando Papa Paolo Giovanni III.“Ad Antonioni devo l’incontro con Marcello Mastroianni, che per me rimane una fonte di ispirazione assoluta”, svela. “È stato un autore visionario, all’avanguardia e da cui si poteva imparare anche solo osservandone lo sguardo. Dall’altro lato, Paolo (Sorrentino, ndr), lo considero una sorta di umanista, sa scrivere benissimo, ogni cosa che fa gli riesce bene, è un talento eccezionale, e ha in più un’acutezza visiva, poetica, un mix spiazzante di umorismo e grazia”.
I personaggi e la moda
Ma i protagonisti che Malkovich ha messo in scena, ne raccontano oltremodo il suo spirito “anarchico”, mai uguale, trasversale, votato alla sperimentazione, lo stesso che gli ha permesso di essere sempre diverso, non importa il genere o il budget, ma le storie, i ruoli. Progetti indipendenti, mainstream, che lo hanno visto trasformarsi in tutto, siano serial killer, maniaci deliranti, braccianti in piena Depressione americana, moschettieri al servizio del re, regnanti (come in Giovanna D’Arco dov’era Carlo VII di Francia), o pittori immortali, impersonando addirittura Klimt. Nella sua esistenza professionale è uno dei pochi ad aver spaziato, dalla regia alla produzione teatrale, calcando lo Steppenwolf Theatre Company di Chicago, lavorando addirittura gratis, o per pochi dollari. Da lì, fino alla moda, un settore, dove è stato per un periodo breve anche designer, lanciando un proprio marchio, “Technobohemian”, realizzando piccole capsule collection. “La moda è un linguaggio straordinario e articolato nel quale oggi si possono far confluire temi. Mi piaceva farla, ma probabilmente, ma forse non avevo il fiuto per gli affari”. E a proposito di questo, in onda su Apple Tv+, da pochi giorni, lo possiamo vedere in una serie dedicata alla nascita del mito di Christian Dior, e al tramonto parallelo di Coco Chanel, dal titolo The New Look, in cui interpreta lo stilista Lucien Lelong. Un altro maestro da affrontare, che ebbe tra i suoi allievi leggende come Balmain, Givenchy e lo stesso Dior.
Come combattere il tempo che passa
La spaventa invecchiare?, gli chiediamo. “Affatto. In tutta onestà se non bevo, ho un’ottima memoria”, scherza. «Studio, leggo tanto, osservo la contemporaneità, desidero farmi contaminare da ciò che mi circonda. Rifuggo dal successo, non ho ossessioni, non amo imporre il mio punto di vista, né essere d’accordo con le opinioni degli altri. Già, perché la sua “certezza” è in quel rituale esplorativo chiamato recitazione. “La verità è che amo addentrarmi negli esseri umani e nella bellezza dei loro limiti, confini. fragilità», confida. “Ma è nel teatro, lo ripeto, che il vero ci appare in tutte le sue forme. Ed è lì che scappo ogni volta”.