Da 7 a 86 anni di carcere per aver scelto di salvare lei. Saul e il finale indimenticabile tra le lacrime
Sette anni di truffe, imbrogli, crimini da solo e poi come coppia. Fra molti soldi e molta impunità. Poi il processo e il colpo di scena. Fine di una serie capolavoro

Sono stato io. Solo io. Vorrei tornare sulla mia testimonianza precedente e aggiungere informazioni, Vostro onore. E così quella che sembrava soltanto l'ennesima di una serie infinita di truffe, di imbrogli cinici e crudeli, fino a sconfinare nel crimine più abietto, diventa una confessione che lascia giudice, giuria, avvocati di parte e presenti (noi spettatori) a bocca aperta. E con le lacrime agli occhi. L'uomo che si faceva chiamare Saul Goodman torna a riprendersi il suo vero nome di truffatore incallito. Torna il Jimmy McGill che si era inventato un mondo che funzionava alla perfezione per prendersi tutte le rivincite possibili sulla vita e vendicarsi di chi lo aveva considerato una nullità, una mezza tacca, un pessimo fratello e sì, un avvocaticchio di infimo ordine. Ce la stava facendo anche questa volta a cavarsela alla grande, riducendo plurimi ergastoli a soli 7 anni di carcere a forza di patteggiamenti. Ma poi? Poi è arrivata lei, gli occhi di lei.
Il finale perfetto di una grande storia
L'episodio conclusivo al culmine di 7 anni di visione di Better Call Saul, la serie nata da una costola dell'acclamato e premiatissmo Breaking Bad e come quella scritta da Vince Gilligan (con Peter Gould) è diventata un evento così virale da far impennare ulteriormente gli ascolti e conquistare per ore i social a suon di commenti, rimpianti, emozioni. Non si scorderà più il momento in cui un criminale incallito, una mezza tacca arrogante diventata signore delle trame fraudolente, incontra gli occhi dell'unica persona che abbia mai dato felicità alla sua vita. Sposata, anche, per un breve periodo. Più brava di lui come avvocatessa, integerrima, poi tentata pure lei dal vortice criminale del marito. Molta adrenalina, tanti soldi, tanti disastri, poi la fuga e l'arresto. Trasformata nel fisico e nell'identità di anonima casalinga bruna al paesello, diversa dalla brillante legale biondissima che lo spalleggiava. Devastata, fuggita via da lui, tra omicidi e pericoli continui. Recuperata in un finale occhi negli occhi. Nel quale Saul, tornato Jimmy, si rifiuta di beneficiare degli sconti di pena già concordati perché significherebbe tirare lei dentro quel brutto processo. No, Vostro onore. Sono stato io. Ho architettato, propiziato e fatto tutto da me. E puff, i benefici legali scompaiono, gli anni di carcere risalgono da 7 a 86.
Nessuno avrebbe pensato a tanto
Si chiude così una delle serie più amate, attese e commentate della tv del decennio, quella che aveva preso il testimone di Breaking Bad, ritenuta inarrivabile. Una struttura da tragedia shakespeariana in una parvenza da commedia dell'arte, che noi spettatori italiani conosciamo bene. Da Arlecchino servitore di due padroni al Clint Eastwood imbroglione e cinico nei film di Leone fino a Sordi e compagni persi fra truffe e fregature appiccicate addosso agli altri. Poi però i conti si pagano e non c'è macchina del tempo che possa portarci altrove. Quando non sei più una persona e torni a guardarti allo specchio. Saul-Jimmy lo fa. Il suo specchio sono gli occhi di Kim, l'unica donna amata e che lo abbia amato, fino alla rovina delle loro vite. Colpa mia, Vostro onore. Si piange, ci si commuove, mentre Kim se ne va e Jimmy, attraverso le sbarre, fa un ultimo patetico numero da sbruffone. La firma su un capolavoro.