Quando Sanremo ti pettina: così Lauro diventa Modugno e Tony Effe si trasforma nel Califfo
Via le capigliature da Bowie de noantri, via i tatuaggi, il Festival ti normalizza e rende furbo. Un'analisi delle furbate portate sul palco dai due trapper

"Oh...bambina/tutto quello che hai passato è un'università/ E tuo padre non tornava la sera/L'hai visto solo di schiena". Sanremo ti pettina, con tanto di brillantina, e anni di acconciature alla Bowie de noantri, di pose da duro junk con i tatuaggi fin sulla faccia, spariscono in una nuova versione da crooner. Il Festival è così, normalizza, e se vuoi il grande pubblico, quello che si schifa dei baci in bocca a un altro uomo, dei denti placcati di metallo, i conti devi farceli pure tu. Ed ecco spiegata la prima delle due metamorfosi importanti in questa edizione numero 75, quella di Achille Lauro diventato un misto di Modugno, di Venditti con pose post Sinatra, a cantare ad occhi chiusi Incoscienti giovani, ballatona emozionale molto furba, parecchio riuscita e in odore di podio fin da ora.
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I trapper diventati bravi ragazzi
Niente di nuovo, il Lauro che per qualche sera farà dimenticare di essere stato quello che si è fatto Chiara Ferragni alla faccia di Fedez (come ha svelato con la consueta eleganza Fabrizio Corona, denunciato con richiesta di 1 milione di euro di danni) ha fatto il furbo. Perché Sanremo è furbizia. E quindi usa altri sei autori oltre a se stesso (in mezzo c'è anche il figlio di Antonacci) per allacciarsi alla tradizione italiana potentissima del pezzo malinconico ed esistenziale. Barbiere giusto, gel a chili, riga da una parte, marsina da jazz club notturno, un pianoforte ed ecco il pezzo che centra insieme il cuore dei e delle Gen Z immerse in mezzo ai conflitti adolescenzali come pure quello delle over 70 impellicciate e ingioiellate che sono le vere e immortali Navy Seals di Sanremo. Ed eccoci, anzi, ecchice all'artro furbo, Tony Effe.
Ritorno al Califfo ma prima c'era stato il geghegé
Damme 'na mano. E quella, Tony Effe, il trapper più detestato e commentato degl ultimi mesi, con concerto di fine anno censurato a Roma, è andato a farsela dare direttamente dalla memoria del re di tutti i mascalzoni seducenti, Franco Califano. Pure lui ingellato a chili, pure lui ripettinato e rivestito, di bianco e con guanti amaranto come se fosse appena uscito da un'Alfetta dopo una serata di fronte a Turatello, fa un'operazione di puro modernariato. Non solo si consegna, viso corpo e tatuaggi nascosti alla forza normalizzante di Sanremo, ma lo fa riallacciando l'immaginario criminoso dei trapper di casa nostra a quello criminal chic di grandi autori, di grandi poeti maledetti e popolari, del Califfo.
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Siamo nel 2025 ma questa canzone pare degli anni Settanta, con i suoi versi in romanesco pronunciato così così, "Io non soffro per te/Non so fare l’attore/Sono pronto a sbagliare/Come un uomo d’onore/Spengo la sigaretta/Come la nostra storia/Ogni notte è per sempre/Per le strade di Roma". Che la modernità electro-trap e hip hop dalle nostre parti fosse una patina sotto la quale c'è tutto il caattere tradizionale italiano era chiaro da tempo. Cos'è in fondo Mille, con Lauro e Fedez a fare trio con Orietta Berti, se non il ritorno del geghegé? A Sanremo tutto si tiene, e sarà lotta fra le grandi voci (Giorgia), le storie potenti e impegnate da cantautore (Cristicchi) e questi bad boys che diventano per qualche sera repliche dei cantanti melodici del passato, ragazzacci che ora vogliono solo un abbraccio consolatorio da nonna. Quella che poi li voterà annullando in un attimo, da nuovo regolamento, le preferenze della sala stampa.