Caro Masini, quella "Bella stronza" che Fedez vuole fare sua per noi rappresentava altro
La decisione del rapper di eseguire il brano di successo degli anni '90 a Sanremo 2025 solleva interrogativi su espressione artistica, responsabilità sociale e strategia mediatica

"Bella stronza", due parole che hanno segnato un'epoca. Forti, violente, ma al tempo stesso intrise di dolore e romanticismo. Suona strano, certo, ma nel 1995 quando Marco Masini la cantò con la sua voce graffiante, non faceva altro che trasformare una ferita personale in un fenomeno di costume. Oggi, però, la musica è cambiata, in tutti i sensi, e il Festival di Sanremo è già nell'occhio del ciclone proprio per la scelta di Fedez di portare "Bella stronza" sul palco dell'Ariston, nella serata delle cover, insieme al suo autore originale. Una decisione che sta dividendo il pubblico e gli addetti ai lavori, in un momento storico particolarmente sensibile al tema della violenza di genere.
Le parole che fanno discutere
Il brano, che all'epoca rappresentò uno degli apici della carriera di Masini, contiene versi che oggi risultano quantomeno problematici: "Bella stronza / che ti fai vedere in giro / per alberghi e ristoranti / con il culo sul Ferrari". Parole che negli anni '90 passarono appunto come l'espressione cruda di un dolore sentimentale, ma che nel 2025 assumono una connotazione diversa, in un'epoca in cui il linguaggio sulla donna è giustamente sotto esame. Lo stesso Giancarlo Bigazzi che firmò il testo aveva più volte difeso la canzone definendola "struggente e romantica", sottolineando come il linguaggio diretto fosse una scelta stilistica per parlare ai giovani. Ma nel 2025, con i femminicidi nelle cronache quotidiane e una rinnovata sensibilità sul linguaggio di genere, quella stessa direzione artistica assume connotazioni diverse.
Carlo Conti prova a spegnere il fuoco, basterà?
Carlo Conti, che il Festival condurrà, ha già cercato di smorzare le polemiche: "Dovete ascoltarlo perché sarà una versione 2.0, una versione nuova di quel brano di Marco Masini. Sarà adattata ai tempi." Una promessa che però non ha placato gli animi, soprattutto sui social network, dove il dibattito infuria. Ma la controversia va oltre il semplice testo. I critici sostengono che eseguire questa canzone nel 2025 invii un messaggio problematico, indipendentemente da qualsiasi reinterpretazione moderna.
E se fosse una strategia di Fedez?
A rendere quella mitica canzone "inopportuna" sull'attuale palco dell'Ariston, è anche il suo accostamento a Fedez e al momento personale che sta vivendo (ancora in piena separazione mediatica da Chiara Ferragni). La decisione di portare proprio "Bella stronza" sul palco più importante della musica italiana sembra più una mossa calcolata che un omaggio artistico. Oltretutto, il rapper, maestro indiscusso della comunicazione social, sa bene che ogni sua mossa viene amplificata dal circo mediatico.
Caro Masini, sei sicuro di quello che fai?
Marco Masini, che salirà sul palco per duettare con Fedez, si trova in una posizione, a parer nostro, molto delicata. Da una parte, la possibilità di riportare un suo successo storico all'attenzione del grande pubblico; dall'altra, il rischio di vedere la sua creazione strumentalizzata in un contesto completamente diverso da quello originale.
Gli interrogativi sul Festival
Ma l'altra vera domanda è se il Festival di Sanremo, che negli ultimi anni ha cercato di posizionarsi come evento culturale oltre che musicale, possa permettersi di ospitare un'esibizione potenzialmente così divisiva. La musica deve certamente mantenere la sua libertà espressiva, ma c'è differenza tra libertà artistica e opportunismo mediatico. Si tratta di questo? Parrebbe di sì. Oltretutto in un'epoca in cui ogni parola ha un peso specifico maggiore, grazie (o a causa) dei social media, la responsabilità di chi sale su un palco come quello dell'Ariston dovrebbe essere quella di contribuire a un'evoluzione positiva del linguaggio e della cultura, non di cavalcare polemiche per visibilità personale.
Specchio della società
Mentre ci avviciniamo all'esibizione, una cosa è certa: quella che una volta era una diretta espressione di dolore degli anni '90 si è trasformata in uno specchio che riflette le nostre discussioni in evoluzione su genere, media e responsabilità artistica.