Paolo Antonacci: "Che fatica essere figlio di Biagio e nipote di Morandi"

Essere figli d'arte non sempre è facile. Ancora più complicato è se le celebrità in famiglia sono papà e nonno. E' il caso di Paolo Antonacci, figlio di Biagio e nipote di Gianni Morandi. Autore ormai conosciuto, ha scritto successi come "La dolce vita" e "Mille", è nell'ultimo Sanremo che ha "vissuto" la vera svolta. Sono infatti suoi due dei più grandi successi del festival: "Tango" di Tananai e "Made in Italy" di Rosa Chemical. Questo Sanremo è stato psico-magico per me, mi ha fatto fare pace con il cognome, con la sofferenza di essere figlio e nipote di. Ora vivo di questo mestiere, mi posso comprare casa".
Riguardo il suo essere figlio d'arte rivela: "N elle storie come la mia anche i genitori/nonni hanno patemi". Noi ce la giochiamo in prima persona, sappiamo che questa carriera è come salire sulle montagne russe, che tutto è labile, ma lo sanno anche loro. E diciamo che in Italia le storie dei figli di... hanno avuto spesso destini non splendidi e che molti validi sono stati vittima del cliché".
Avrei voluto un altro cognome - "In terza superiore, racconta al Corriere, avevo tre materie sotto. Ero in quella fase in cui pensi che i tuoi avversari siano nella famiglia, e a questo si aggiungeva il fatto che nell’epoca pre Instagram i personaggi famosi vivevano avvolti nella mitologia e tutti si sentivano in diritto di farti domande. Ecco, allora avrei voluto un altro cognome".
Le difficoltà dei 20, il disturbo - "Attorno ai 20 anni ho attraversato un momento difficile: avevo un disturbo ossessivo compulsivo molto forte, sono finito in day hospital per una cura di antidepressivi. Ero nella merda, avevo delle canzoni ma avevo anche paura di espormi per la solita questione di famiglia. Smisi le cure e il dottore temeva l’effetto rebound: "Finirà a fare zapping sul divano", disse. Sei mesi dopo ho incontrato Davide Simonetta con cui lavoro in coppia e al nostro manager Stefano Clessiloro, ho cambiato cure e mi sono ripreso".