Un passaggio di testimone tra generazioni, un omaggio all'amicizia e un appello alla pace. Kabir Bedi, l'indimenticabile Sandokan che conquistò il cuore di milioni di italiani negli anni '70, ha espresso il suo entusiasmo per il remake della serie, affidato al giovane e affascinante Can Yaman.
"Non vedo l’ora di vederlo", ha confessato l'attore indiano, presente a Torino per la presentazione del suo ultimo film, "Questione di stoffa". Kabir Bedi, con la sua proverbiale eleganza, ha sottolineato come sia curioso di scoprire come i nuovi interpreti riusciranno a dare vita ai personaggi che lo hanno reso celebre in tutto il mondo: "Sarà bello vedere come riusciranno a interpretare, in chiave moderna, le emozioni della versione originale".
Il vero messaggio della saga - Sì perché c'è un messaggio universale racchiuso nella saga di Sandokan: "È una storia di indiani e italiani ed è una storia perfetta per trasmettere il messaggio che la collaborazione e la cooperazione sono meglio del conflitto", ha affermato Kabir Bedi. Un richiamo alla necessità di dialogo e comprensione reciproca, particolarmente sentito in un momento storico segnato da conflitti e tensioni internazionali.
Il suicidio del figlio, l'errore più grande - Dietro il sorriso e la positività di sempre, l'attore nasconde ancora un profondo dolore. Tornando a parlare del figlio, scomparso tragicamente nel 1997, Kabir Bedi ha ammesso: "E’ stato il mio più grande errore nella vita perché non sono riuscito a capirlo e fermarlo prima che compisse quel gesto". Una confessione che rivela la fragilità di un uomo che, nonostante la fama e il successo, porta con sé il peso di una perdita incolmabile.