Dune 2 è splendido e vola al box office. Perché funziona dove Lynch e Jodorowsky fecero un disastro
Il secondo capitolo della trilogia di Denis Villeneuve tratta dai libri di Herbert fa grandi incassi anche in Italia. Rinata dalle ceneri di due flop epocali
Nel momento in cui scriviamo, i giganteschi vermi delle sabbie corrono a tutta velocità e si mangiano la concorrenza al box office. Dune - parte 2 insiste nel riproporre al cinema la saga nata dalla penna di Frank Herbert, complessa, mistica, ambientalista. Su cui avevano già sbattuto, facendosi molto male, due maestri visionari come Alejandro Jodorowsky e David Lynch. Nella versione di Denis Villeneuve funziona tutto, il film epico e spettacolare vola sopra i 4 milioni di euro di incassi in Italia (dove va nelle sale metà del pubblico rispetto alla Francia, giusto per capire la situzione), l'incasso globale a neanche una settimana dal lancio sfiora già i 200 milioni. Perché Jodorowsky e Lynch fecero un flop epicale e questa versione piace a tutti?
Azione, femminismo e il tema dell'ambiente dentro un grande spettacolo
Chi ha visto la prima parte di Dune nella versione di Villeneuve, già apprezzatissimo regista di Sicario, lo splendido Arrival e il duro e commovente La donna che canta, sa che il film precedente era una lunga preparazione filosofica, mistica, all'azione che si sprigiona in questo secondo capitolo. Il cast è perfetto e molto glamour, con l'idolo del pubblico femminile e dell'audience fluida, Timothée Chalamet, nei panni di un Paul Arteides che non è più il giovane iniziato dall'ordine delle Bene Gesserit (gioco di parole con i termini latini per "portatrici di bene") a diventare essere divino e potere supremo su Arrakis. La magnetica Rebecca Ferguson come nuova Reverenda Madre, che sopravvive al ritaule dell'Acqua della Vita risvegliando tutti i poteri e le memorie delle "sorelle" precedenti, una Zendaya come sorella di Paul che intuisce quanto male ci sia in questo apparente bene, altri e altre interpreti in splendida forma, dalla Regina degli Scacchi Anya Taylor-Joy a Lea Seydoux fino a Florence "Oppenheimer" Pugh, Stellan Skarsgard e Christopher Walken. Vileneuve è come sempre visivamente sontuoso ma in questo secondo capitolo sono la guerra, l'azione, le scene di battaglia, i duelli a tenere col fiato sospeso. Mentre avanza il tema ambientale: Paul diventa leader dei Fremen e usa i poteri mentali per acquisire carisma, batte più volte la terribile casata degli Harkonnen ma non esista a decidere sull'uso di armi atomiche per spianare la sua via verso il potere supremo. Chi si accorge dell'orrore in atto? Chani, la ex concubina di Paul che aveva accettato di non esserne la moglie per non rovinare la sua scalata sociale, mentre entra in azione dal grembo materno la sorella Alia che in contatto mentale con la madre Jessica cospira per sostenere Paul. La sottotrama femminile e femminista è potentissima, basta pensare che nei romanzi di Herbert Chani è un personaggio ambiguo e defilato.
La brutta caduta di Jodorowsky e Lynch
Doveva durare 14 ore il Dune concepito dalla mente visionaria di Alejandro Jodorowsky, regista di culto negli anni Settanta e reduce da film che allora ebbero grande risonanza come El Topo e La Montagna Sacra. Il progetto, titanico e folle, si rivelò impossibile da sostenere ma di questo è rimasto un documentario meraviglioso (Jodorowsky's Dune) che ne ripercorre l'impresa da sogno. A quel progetto aveva collaborato un giovane Ridley Scott a cui il produttore Dino De Laurentiis, dopo il successo di Alien, affidò la realizzazione di Dune.
Scott cominciò con grande entusiasmo ma poi l'impresa si rivelò troppo complicata anche per lui e con la morte del fratello Frank decise di abbandonare la produzione. Ed eccoci così al flop più conosciuto dei tre, la versione del 1984 affidata da De Laurentiis a David Lynch. Splendida nelle parti più visionarie, terribile in molti dialoghi e soprattutto nelle scene di battaglia. Il film di Lynch subì tagli di durata importanti, col risultato che la trama, già piuttosto complicata nei libri, divenne incomprensibile al cinema. E' la grande ferita del regista americano che non vuole nemmeno più parlarne e ha dichiarato di non voler vedere i film di Villeneuve. E' stata la tv con le due miniserie di Sci Fi Channel (2000 e 2003) ad aprire la strada al trionfo della trilogia di Denis Villeneuve (che ha già annunciato il terzo capitolo conclusivo, Dune Messiah). Villneuve vince perché ha capito che un solo film per il mondo complesso di Dune era insufficiente e preparava ad un nuovo flop. E con la divisione in tre vola verso il grande successo cavalcando uno dei giganteschi vermi delle sabbie.