"Sono sopravvissuto a tre coma": il Vasco privato e la docuserie in cui svela davvero tutto
Per la prima volta il signor Rossi nazionale apre casa, ricordi e bocca per raccontarsi. Senza fare sconti sugli aspetti più eccessivi e dolorosi, ma è ancora qua
C'erano una volta tre Vasco. Che sono diventati il signor Rossi nazionale, quello che a 71 anni si racconta come mai prima in una docuserie tutta per lui e si di lui. Il Blasco, il Komandante, è ufficialmente un Supervissuto. Il 27 settembre comincerà a spiegare perché, nella docuserie Netflix dedicata a una delle peggiori pecore nere che la musica italiana abbia mai avuto, diventato benestante e venerato autore di inni generazionali e concerti live titanici. E' passato qualche decennio da quando, in occasione della malferma esibizione a Sanremo, il critico Nantas Salvalaggio definì questo montanaro di Zocca tutto ironia, trasgressione e rock: "Un ebete, bruttino, con occhiali fumé". Oggi sappiamo tutti come sono andate le storie. Ma non è stato facile.
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Vasco 1: occhi azzurri famelici, timido e sfrontato
Lo ha detto più volte e fatto scrivere nei libri che hanno provato a raccontarlo fin qui, Vasco Rossi: "Ho un fisico robusto, da ragazzo di collina, a me è la mente che mi frega". Nel trailer di Supervissuto il Vasco di oggi descrive il Vasco 1, giovanissimo e affamato di vita, come "un indiano metropolitano". Erano gli anni di Punto Radio, dell'amore per i Led Zeppelin e tutto ciò che sa di elettricità, sudore, ragazze accaldate e ampli a valvole così roventi da rischiare di andare a fuoco. Quelli della coda lunga delle lotte studentesche, rossi contro neri, dei blindati nelle nostre città, degli attentati terroristici e dei morti ammazzati in nome di un'ideologia. "Quando c'erano gli anni di piombo, le Br, Lotta Continua e Potere operaio, mi sembravano matti quelli che si chiamavano Potere Operaio, erano studenti, poi tornavano a casa dai genitori e la Lotta Continua finiva lì".
Vasco 2: il successo, la "roba", gli umori impazziti e i guai
C'è poi il secondo Vasco, quello che dopo Siamo solo noi e da C'è chi dice no in poi vola oltre pregiudizi e scandaletti moralisti e comincia a diventare quello dei grandi numeri, con grandi vizi e grandi dolori a seguire. "Sono sopravvissuto agli anni Ottanta, gli anni più stupidi del secolo ma anche i più divertenti". L'antidoto a tutto questo è ancora una volta la musica che salva la vita, a condizione che sia ad alto volume. Funziona ma ha un prezzo alto da pagare. La droga segna lui e il manipolo della Steve Rogers Band, e così il successo e il gonfiarsi degli ego nel gruppo. Sarà una festa selvaggia che finisce a brandelli.
Vasco 3: la famiglia, la depressione, le malattie mortali
Il terzo Vasco che compone il ritratto del 71enne che arriva fino a noi oggi è quello che vola altissimo e pare non fermarsi più, ma con crolli rovinosi. Se ne va Massimo Riva, muoiono o si ammalano amici cari, la vita spericolata presenta il conto e apre buchi nell'anima. Vasco mette su famiglia, Laura Schmidt sembra la donna perfetta per dargli "casa", qualcosa in cui sentirsi protetto e da non aprire a nessuno, lo sa bene pure Repubblica che per farsi raccontare un po' di privato da Vasco ha dovuto inventarsi una casa che non è quella di Zocca e nemmeno quella a due passi dalle due torri di Bologna dove il Komandante vive più di recente. Anni tremendi: "Tutti gli amici hanno cominciato a morire, io sono andato in depressione". A suo tempo aveva parlato del cocktail di farmaci che lo tenevano su permettendogli di andare oltre i saliscendi dell'umore, uno dei peggiori periodi in questo senso è stato quello di poco precedente al singolo Eh già, quando cominciò a pubblicare sui social i clippini in cui diceva peste e corna dei suoi colleghi eccellenti, da Pelù a Baglioni a Ligabue. "Sono sopravvissuto a tre malattie mortali nel 2011, quando sono andato in coma tre o quattro volte, preso per un pelo, fino al 2020" quando arriva il Covid-19. Morire di noia però no. Non se sei un Supervissuto e ora vuoi raccontare tutto.