Roby Facchinetti, Parsifal e l'amarezza per quegli attacchi dei giornalisti: "Ne ho sofferto"
Con "Parsifal - L'uomo delle Stelle", dedicato all'eroe mitologico che cercava il santo Graal, il tastierista della band più longeva d'Italia chiude un cerchio. Ma è pronto subito a ripartire: "A 80 anni credo che il meglio lo devo ancora realizzare"
Per Roby Facchinetti il tempo è una variabile secondaria. Nonostante i suoi 80 anni, 60 dei quali trascorsi con i Pooh, sfoggia l’entusiasmo e l’energia di un ragazzino. E come tale continua a inseguire i sogni. Perché “Parsifal – L’umo delle stelle”, l’opera -prog appena pubblicata che racconta le gesta del cavaliere mitologico, altro non è se non la realizzazione di un antico sogno ma anche il coronamento di un’amicizia più forte della morte, quella con Stefano D’Orazio, scomparso il 6 novembre 2020. “Mi manca tanto, non meritava quello che è successo”.
Il sogno, condiviso con Valerio Negrini e Stefano D’Orazio, era quello di completare e trasformare in un’opera autentica il racconto dell’eroe Parsifal, già protagonista dell’omonima suite musicale e album di successo dei Pooh nel 1973. Dal 2017 fino a poco prima della morte di Stefano D’Orazio ci hanno lavorato insieme, fianco a fianco, per tre anni. E in questa videointervista Facchinetti racconta la gioia di aver portato a termine un impegno così gravoso e fa un bilancio di una carriera straordinaria che proproio quest'anno festeggerà i primi 60 anni dei Pooh con un grande evento. Una carriera, nella quale, però, non sono mancati i momenti di difficoltà, come "negli anni Settanta quando venivamo attaccati da certa stampa e questo ci ha fatto molto soffrire".
Quarantaquattro brani per un’opera monumentale. Che cosa ha ancora oggi da dirci il personaggio mitologico di Parsifal? Che cosa ti colpisce e ti affascina in lui?
“Sono tante le cose che mi hanno colpito di questo mitologico personaggio. Il fatto che fosse il cavaliere senza macchia, il cavaliere che ha sempre voluto stare dalla parte giusta della vita e delle cose. È un autentico eroe che oggi trovo fra l'altro di grande attualità: magari avessimo oggi molti di questi personaggi”.
I Pooh nel 1973 avevano già dedicato una suite musicale a Parsifal: perché hai scelto di occupartene ancora? Che cosa ti premeva raccontare?
“Ho scelto di raccontare tutta la storia di questo grande personaggio perché mi sono letteralmente innamorato leggendo tutta la sua fantastica storia. Con l'aiuto di Valerio Negrin e Stefano D’orazio sono finalmente riuscito a creare questa opera, Parsifal, l'Uomo delle Stelle, e solo così potevo veramente raccontare la sua storia nella sua interezza vera e propria.
Parsifal è un puro ed è colui che più di tutti si avvicina al Sacro Graal: in cosa ti senti simile a lui? Anche tu ti ritieni una persona con l’anima pura?
“Parsifal rappresenta la purezza nel senso assoluto, lui andò alla ricerca del Santo Graal e devo dire che Stefano ha avuto un'intuizione fantastica perché ha dato una sua interpretazione personale del Santo Graal sostenendo che ce l'abbiamo dentro ognuno di noi, che è la parte migliore che noi abbiamo, basta avere la capacità di tirarlo fuori”.
Credi al Santo Graal? Mi racconti che cosa rappresenta per te?
“Il Santo Graal nei secoli ha avuto tutta una serie di interpretazioni. In genere si intende il famoso calice che conteneva il sangue di Gesù Cristo. Ma esistono altre interpretazioni. E quella che fu data da Stefano in “Parsifal, l'Uomo delle Stelle”, mi piace veramente tanto perché se ognuno di noi avesse la forza di tirar fuori e sempre comunque la parte migliore di se stesso sicuramente vivremmo in un mondo migliore”.
In quest’opera torni a collaborare in qualche modo con Stefano d’Orazio: che emozione è stata? Che cosa avresti voluto dire a Stefano che invece non gli hai detto?
“Quando dissi a Stefano che il mio grande sogno era di comporre un'opera su Parsifal, lui si è subito entusiasmato. Stefano aveva questa grande capacità di accendere la memoria e la fantasia. Raccontando questa storia fantastica devo dire che si è trovato a suo agio. Ci si confrontava su come andare avanti, su che cosa raccontare, su che cosa eventualmente modificare, non ultimo il fatto che il nostro Parsifal lo abbiamo umanizzato e credo che sia stata un'operazione molto importante perché, senza nulla togliere al Parsifal originale, l'abbiamo fatto diventare un po' più vicino a noi, un po' più umano. E secondo me questi piccoli cambiamenti hanno aggiunto qualcosa di importante a questa storia magica”.
In una carriera così lunga e fortunata quali sono stati i due momenti più estremi? Quello più bello, che ti ha fatto toccare il cielo con un dito, e quello nel quale temevi di sprofondare?
“Fortunatamente la mia vita artistica legata ai Pooh è stata una lunghissima e non è ancora finita. Una lunghissima avventura straordinaria, ricca veramente di enormi soddisfazioni. Certo ci sono stati anche dei momenti, soprattutto negli anni 70-80, quando avevamo un certo tipo di stampa e di giornalisti che ci erano contro, contro tutto ciò che era successo. Ecco, devo dire che in quegli anni, che poi fortunatamente sono finiti, abbiamo sofferto non poco per questa ragione”.
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Roby Facchinetti e Parsifal
A 81 anni sei indaffaratissimo: qual è il segreto di tanta energia e vitalità ?
“Tante le idee, la fantasia, la voglia di fare e la convinzione, perché no, di pensare che le migliori cose le devo ancora fare. Questa per me è una grande una grande spinta. Poi credo che alla base ci sia il grande amore per la musica: ho sempre dedicato la mia vita alla musica e non posso farne a meno. Alla fine credo che la ragione fondamentale sia questa”.
Qual è il prossimo obiettivo?
“Il prossimo obiettivo, il prossimo sogno è di portare “Parsifal, l'uomo delle stelle”, sul palcoscenico perché lo merita, perché è un'opera talmente forte, talmente importante che bisogna proprio portarlo sul palcoscenico. Me lo sto già immaginando”.
Hai cinque figli: che voto ti dai come padre? Che cosa hai cercato più di tutto di trasmettere loro? E che cosa hai imparato da loro?
“Credo di essere stato un buon padre anche se a livello di quantità di tempo, un po’ sono mancato: purtroppo il mio lavoro spesse volte mi ha tenuto lontano. Che cosa ho imparato dai miei figli? Tantissimo, perché soprattutto da piccoli hanno questa capacità di meravigliarsi e mi sono sempre divertito molto, ho imparato veramente molto da loro. Che cosa posso aver insegnato io a loro? Credo la responsabilità e che nella vita per ottenere dei risultati bisogna darsi da fare, bisogna veramente lavorare, lavorare, lavorare sempre”.
Cos’è che oggi ti rende felice?
“Mi ritengo veramente un uomo felice perché ho realizzato questo sogno di una vita, grazie a Stefano D’Orazio e a Valerio Negrin. E poi ho una moglie fantastica, dei figli straordinari e dei nipoti che mi fanno veramente morire di gioia”.