Addio a Harry Belafonte, mito della musica e simbolo dei diritti civili

Il cantante aveva 96 anni. Negli anni 50 aveva dominato le classifiche portando alla ribalta la musica caraibica

Addio a Harry Belafonte, mito della musica e simbolo dei diritti civili
Harry Belafonte (Ansa)
TiscaliNews

Addio a un mito della musica: Harry Belafonte, che negli anni 50 aveva sfondato le classifiche pop ma anche le barriere della razza, diventando una forza nel movimento per i diritti civili, è morto nella sua casa dell'Upper West Side di Manhattan.

Nato a Harlem da genitori giamaicani, Belafonte portò alla ribalta la musica caribica con canzoni come "Day-O (The Banana Boat Song)" e "Jamaica Farewell". Il suo album Calypso, che le conteneva entrambe, fu il primo di un artista a vendere più di un milione di copie.

La carriera di Belafonte

Attore e cantante statunitense. Nato ad Harlem in una famiglia d'origine giamaicana, studia recitazione con E. Piscator. Dotato di una voce robusta e ben modulata, il «re del calypso» si esibisce con successo nei nightclub. Nel 1953 debutta a Broadway e subito dopo sul grande schermo in Bright Road (Strade luminose, 1953) di G. Mayer; l'anno dopo è Don José in Carmen Jones (1954) di O. Preminger, liberamente tratto dall'opera di Mérimée e interpretato da attori neri. Il 1957 è l'anno della consacrazione con L'isola nel sole di R. Rossen, in cui ricopre il ruolo di un leader politico delle Antille costretto ad allontanare la sua compagna bianca a causa dei conflitti razziali.

Voce roca, ma possente e gradevole, corpo e volto statuari, indubbie capacità drammatiche, diventa in breve uno dei beniamini del pubblico statunitense, ma lascia ben presto le scene per la politica e compare solo in alcune serie televisive. Nel 1983 produce Beat Street di A. Davis, interpretato da gruppi di danza spontanea della New York «nera». Al cinema si concede soltanto per ruoli cammeo, come in Prêt-à-porter (1994), in cui interpreta sé stesso, e in Kansas City (1996) di R. Altman, dove è un gangster.