Battisti, 25 anni della scomparsa e nuova guerra fra eredi e discografici: in ballo 8,5 milioni
La vedova e il figlio del grande cantautore vincono in Cassazione contro la Sony che li accusava di bloccare l'uso del repertorio. Ma non finisce qui

Prendila così, avrebbe cantato Lucio Battisti di cui il 9 settembre corre il 25mo anniversario della scomparsa. Non resta molto altro da dire su una guerra legale che alterna gli eredi e in particolare la vedova del cantautore contro Mogol, e gli eredi tutti contro le case discografiche che hanno gestito i diritti sulla musica di Battisti. L'ultimo atto riguarda il braccio di ferro che ha opposto Grazia Letizia Veronese e Luca Battisti alla Sony Music. Che chiedeva un risarcimento di 8,5 milioni di euro. Calcolati sul presunto mancato realizzo di ricavi derivanti dall'uso delle opere di Lucio Battisti per diffusione sulle piattaforme di streaming online (Spotify e simili) e per la sincronizzazione con spot e promozioni pubblicitari. E per gli eredi è una doppia vittoria.
La parola della Cassazione
La Corte d'appello di Milano ha confermato la sentenza di primo grado, rigettando l'appello e condannando la Sony Music al pagamento delle spese processuali. La major discografica ha preannunciato che proporrà ricorso in Cassazione. Gli eredi di Lucio Battisti fanno sapere che attenderanno con serenità anche questa decisione per rispondere a loro volta. Finisce un altro round, non la guerra fra tutti coloro che a vario titolo hanno avuto a che fare con la musica di Battisti.
L'origine di un odio antico
Tempo fa, in occasione della presentazione del suo libro Il mio mestiere è vivere la vita, Giulio Mogol aveva raccontato le ragioni della clamorosa rottura fra lui e Battisti, che fondarono la società di edizioni Acqua Azzurra e l'etichetta discografica Numero Uno nel 1969. Poco prima di rompere per sempre. Questa la versione del grande paroliere: "Allora c'era questa formula per cui il musicista prendeva l'8% e il paroliere il 4%, la Siae voleva così. Battisti quando ha iniziato era un dilettante, eppure io non ho mai voluto fargli firmare nessun documento sotterraneo. Sempre il 4% a me l'8% a lui. Quando abbiamo venduto i diritti dei brani alla Numero Uno ho detto che avrei scritto alla pari: 6% a lui e 6% a me, altrimenti non avrei più scritto. Da allora Lucio ha cominciato lavorare con altri".
I principi contano più del denaro
Una rottura dovuta a questioni di soldi, dunque, niente di nuovo. Ma Mogol non la descrive così: "Non sono attaccato al denaro, neanche so quanto ho in banca, devo sempre chiedere a mia moglie, è una questione di principio. Ai principi sono attaccato fino alla morte". Una parte di quei principi fino a poco tempo fa valeva comunque 14 milioni di euro. Prima della infinita serie di battaglie legali fra Mogol e la Veronese e fra gli eredi di Battisti e i discografici ancora in corso.
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