Jovanotti torna a cantare nel luogo dove ha fatto il militare. E parla del rapporto con De Andrè
Lorenzo racconta così come mai ha voluto fortissimamente essere a questa tappa, nonostante infinite difficoltà tecniche
E’ una storia unica quella della tappa dell’ippodromo di Villanova D’Albenga di Jova Beach Party, andata in scena domenica. Perché, innanzitutto, è l’unica tappa del Jova Beach Party del 2019 che non si tenne perché una mareggiata notturna, a poche ore dal concerto, si mangiò dodici metri di spiaggia, impedendo il concerto.
Immediatamente, l’organizzazione tentò di correre ai ripari prendendo anche in considerazione l’idea di migrare all’aeroporto di Villanova d’Albenga o all’ippodromo della stessa località, che venne inserita nel tour su espressa richiesta di Lorenzo che proprio lì, alla caserma Turinetto, aveva fatto la prima parte del suo servizio militare.
Alla fine il concerto della spiaggia mangiata dal mare si fece sì in aeroporto, ma quello milanese di Linate, la grande festa di chiusura del primo Jova Beach Party, approfittando del fatto che l’aerostazione milanese chiudeva per lavori per tre mesi. Fu un appuntamento epico con la chicca di Salmo batterista in una trascinante versione de “L’ombelico del mondo”.
Ma non si butta via niente e anche l’idea dell’ippodromo di Villanova d’Albenga è sopravvissuta, tanto che la struttura ha ospitato il Jova Beach Party proprio in queste ore, unica eccezione alle spiagge insieme al prato alpino e al piccolo aeroporto di Bresso che chiuderà anche questo tour.
E proprio il fatto che si chiuda un cerchio è un ulteriore motivo di festa: “Dopo l’annullamento di due anni fa ce l’abbiamo messa tutta per tornare – spiega Maurizio Salvadori amministratore delegato di Trident Music, la società che organizza i concerti - Villanova è un’eccezione nella programmazione del tour. Abbiamo trovato una grande collaborazione da parte di Regione e delle altre istituzioni locali e Jovanotti è stato il primo che ha spinto per fare questa tappa”.
Per giorni ci hanno lavorato con palchi e organizzazioni, con Paola Donati che è la numero uno dei direttori di palco italiani.
Risultato, ventiduemila spettatori, con un trionfo assoluto, un “matrimonio” di due ragazze genovesi splendido e commovente sul palco, e superospiti come Coma Cose e Frankie Hi Energy che hanno firmato una versione tiratissima e splendida, 4.0, di “Quelli che benpensano”.
Ed è lo stesso Lorenzo a raccontare perché questa tappa è così importante per lui. Lo fa in un incontro con ragazzi, giovani e giovanissimi nell’ambito di “Orientamenti”, il punto di riferimento italiano per la formazione, voluto dal presidente Giovanni Toti e portato avanti dall’assessore Ilaria Cavo che ha proprio il format di fare incontrare testimonial illustri di vari mondi ai ragazzi.
Lorenzo racconta così come mai ha voluto fortissimamente essere a questa tappa, nonostante infinite difficoltà tecniche che, persino questa volta, hanno trasformato il concerto in un doppio evento: “Io ad Albenga ho fatto una parte del servizio militare, quando si faceva il servizio militare obbligatorio, come molti dei vostri genitori o addirittura nonni. Il militare durava un anno quando l’ho fatto io e i primi due mesi si chiamavano CAR, Centro di addestramento reclute e quindi io l’addestramento l’ho fatto in questa caserma ad Albenga ed ero già un cantante famoso, per cui fu un’esperienza abbastanza surreale, perché ero un militare, facevo le guardie, facevo le marce, ma poi quando arrivava l’ora della libera uscita fuori dal portone c’erano ogni giorno centinaia e centinaia di ragazzini e ragazzine ad aspettarmi…”.
Luccicano gli occhi a Lorenzo
quando racconta queste storie e per i ragazzi giovanissimi sembra una storia stranissima, ma per chi come noi è un po’ grandicello è l’evocazione contemporanea di furerie e 36 ore, di punizioni e di Gimme Five, di Go Jovanotti Go e di quegli anni di Radio Deejay, di Gino Latino e di Scappa con me, la prima canzone con cui ci innamorammo, di La mia moto e di Spacchiamoci le orecchie.
C’è tutta una generazione in tutto questo, con Lorenzo che era descritto come un minus habens da tanti che poi, negli anni successivi, come era ovvio che fosse, l’hanno preso come modello di intellettuale moderno. E una canzone come “Il cuore”, dedicata a Falcone e Borsellino, che torna nei concerti di questi giorni, era l’ennesima dimostrazione di tutto questo: “Per uscire ci vuole cultura e coraggio, cultura di pace, coraggio di guerra, il coraggio di vivere su questa terra”. “I ragazzi son pronti a raccoglier la sfida”.
E fra coloro che lo compresero per tempo – come sempre avanti sui tempi e su tutti i conformismi - c’era Faber, Fabrizio De Andrè, tanto che Lorenzo venne chiamato quando un anno dopo la morte si fece il concerto al Carlo Felice con la commozione irrefrenabile su una splendida “Amore che vieni, amore che vai” con Franco Battiato che non riusciva a finire fra i singhiozzi, sorretto da Fabio Fazio, che presentava, e momenti altissimi come la “Via del campo” di Enzo Jannacci o l’”Amico fragile” di Vasco.
A quel concerto, Lorenzo era il più disorganico.
E oggi racconta: “Quando Dori e Cristiano mi invitarono fui molto felice, ma anche molto sorpreso, perché mi dissero che il motivo della mia presenza era che a De Andrè io stavo molto simpatico. Questo l’ho percepito con Fabrizio ogni volta che l’ho incontrato anche di sfuggita, ad esempio a Sanremo: lui accompagnava Dori Ghezzi in gara e mi abbracciò. Io sono un po’ cresciuto con la musica di De Andrè, perché mio fratello grande era un fan totale, quindi sono stato esposto alla sua musica e alle sue canzoni quando ero proprio in fasce, quando ero molto piccolo. E poi Fabrizio aveva questo modo di cantare, di scandire proprio le parole, che quando sei bambino recepisci tutte le parole che dicono le canzoni. Io adoro la scuola genovese di cantautori, è fra quelle fondamentali. Poi, certo, a 14 anni rifiutavo i cantautori, volevo una musica più ritmica, più dinamica, poi in realtà li ho riscoperti ed amati, mia figlia è una grande fan di De Andrè, lo ascoltiamo insieme, le ho fatto ascoltare i suoi dischi. I cantautori sono dei maestri, sono degli immortali”.
Quel giorno al Carlo Felice, Jovanotti scelse “La cattiva strada”: “Un po’ perché era adatta alle mie corde musicali e vocali, un po’ perché fra i personaggi della canzone c’è anche un pilota e mio fratello era un pilota, istruttore di volo e volevo dedicargliela. Poi, qualche anno dopo, cadde in una giornata di bruttissimo tempo”.
C’è amore, un amore infinito, negli occhi e nel racconto di Lorenzo.
Ed è l’ennesimo tocco speciale su una tappa speciale del Jova Beach Party.