Gianluca Grignani: "Vi spiego chi è la più grande rockstar mai esistita"
Il cantante, 20 anni di carriera alle spalle, presenta il nuovo album "Una strada in mezzo al cielo", originale unplugged semiacustico, con gran parte delle canzoni dei suoi primi due album

Facile etichettare Gianluca Grignani come rocker maledetto. Da quando quello scomodo cartellino gli è stato appiccicato addosso, forse con troppa leggerezza, è quasi impossibile staccarglielo. Eppure, al di là del cavo del telefono, dietro quella inconfondibile voce graffiante, senti che c'è dell'altro, qualcosa che ti resta dentro: c'è un ex ragazzino che non è più un "falco a metà", che ormai è diventato un uomo maturo e consapevole, che ammette di "non aver più paura del suo pubblico"; c'è un cuore sensibile che trasfonde la sua anima in un verso, cercando di cogliere l'essenza di un'emozione in 15 secondi. A 44 anni, con 20 di carriera alle spalle, ha deciso di regalarsi un album che rappresenta in qualche modo la sintesi di un percorso a ostacoli. ll disco, in uscita il prossimo 6 maggio, si intitola "Una strada in mezzo al cielo" un originale unplugged semiacustico, con gran parte delle canzoni dei suoi primi due album "Destinazione Paradiso" e "La Fabbrica di Plastica", completamente ri-arrangiate e molte delle quali realizzate con alcuni celebri colleghi della musica italiana, da Ligabue a Max Pezzali, da Federico Zampaglione ad Annalisa
Gianluca, all'interno del disco c'è un inedito che dà il nome all'album "Una strada in mezzo al cielo". E' così che ti senti?, riprop
"Scrivendo quel brano ho pensato a mia moglie, a quando l'ho incontrata, a chi eravamo e a chi sono adesso. E dentro questo incontro ci sono i 20 anni della mia vita, il mio rapporto con il pubblico, la mia famiglia, il rapporto con me stesso. Tutto ciò non poteva che essere espresso attraverso una storia d’amore. Riguardo il titolo, sì mi sento così. Io sono un cantautore che scrive musica, con la chitarra elettrica, arrangiando gli archi, scrivendo i testi. Il mio modo di vedere le cose è rivoluzionario ed è per questo che mi considero una 'strada in mezzo al cielo', una strada da scoprire, io stesso non so dove andrò, sono come la scia di un aeroplano. Se non ci fosse stato qualcuno a starmi vicino chissà dove sarei andato, dove sarei finito”.
Hai bisogno di qualcuno accanto per non perdere la bussola?
"Adesso no. Da ragazzino però, sì, la perdevo facilmente. Adesso sono diverso, sono più forte. Prima ero uno che sputava veleno, adesso tendo spesso a ingoiare. Ho capito che non devo dimostrare niente a nessuno, sono quello che sono".
Il brano prosegue con un'esortazione, quasi un appello disperato: "Non lasciarmi solo". Che paura è?
"Non ricordo il giorno preciso ma mi è capitato una volta di sentirmi solo, e quel giorno ho capito che non voglio più sentirmi così. Quella frase è dedicata a mia moglie. Tra l’altro è fortunata perché tutte le canzoni d’amore sono scritte per lei".
E lei si emoziona ancora, dopo oltre 10 anni di matrimonio?
“No, il bello è che non si emoziona mai”.
10 anni di matrimonio e 20 di carriera da festeggiare con un album con la A maiuscola. Sei soddisfatto, immagino
"Sono più che altro meravigliato che i miei colleghi siano stati così gentili da cantare con me. E' una cosa che non mi aspettavo e che mi ha reso molto orgoglioso. Tra l'altro si tratta di un album molto impegnativo: non è stato facile mettere insieme due voci, la mia con le altre. Sono soddisfattissimo del risultato".
Gran parte delle canzoni sono tratte dai primi due album "Destinazione Paradiso" e "La Fabbrica di". Insomma, la vera anima di Gianluca Grignani è rimasta li?
"Ho voluto mettere insieme questi due album, completamente diversi tra loro: dopo il successo del primo, quando uscì "Fabbrica di Plastica" con quello stile rock e indie, venni visto come un marziano, sembrò che io fossi diventato pazzo. Dopo 20 anni riuscire a fondere insieme questi due lavori è un grande orgoglio per me, il bello di poter dire: "E' lo stesso Grignani, ha solo cambiato veste". I colleghi che cantano con me lo dimostrano. Se anche loro hanno voluto cantare queste canzoni, anche loro hanno in qualche modo voluto dire che la musica ha necessità di cambiare, di essere diversa. Ora, la mia vera anima non so dove sarà, ma so di certo che è nata li. Se un ragazzino di 22 anni che ha un successo planetario come quello che ho avuto io, cambia per fare un sound che in Italia non si è mai sentito, e nonostante questo è ancora qui, vuol dire che in quei due album ha racchiuso la sua anima"
Ma c'è un filo conduttore con i tuoi lavori più recenti?
"Sì, i miei album hanno in comune la chitarra acustica, che per me è fondamentale. E quello strumento che anche durante il concertone del 1 maggio mi ha permesso di dimostrare che "Destinazione Paradiso" e "Fabbrica di Plastica", così apparentemente diverse, sono due canzoni della stessa persona. Ci sono tanti artisti - vedi David Bowie - che lo hanno fatto ma sono rimasti comune coerenti a loro stessi più che alle mode. Forse all'epoca sono stato lungimirante".
Un tempo scrivevi: "Stasera scriverò una canzone, per soffocare dentro un'esplosione". Le tue canzoni nascono così, dal caos?
"Scrivo partendo da una sensazione e poi ci lavoro sopra, difficile che io scriva una canzone tutta di un botto. Un’emozione secondo me è racchiusa in 15 secondi, ma si deve ripetere per 3 minuti e mezzo, altrimenti non metto la canzone nel disco. Questa è una cosa che mi ha insegnato Mogol, che diceva: “Ti alzi la mattina, scrivi quelle tre o quattro cose, poi le sviluppi”.
Hai detto di ispirarti a papa Francesco e sei attento al sociale. Però ogni tanto cedi a all'istinto di cacciarti nei guai?
"Ma io non mi caccio nei guai. Vorrei capire perché tutti i miei amici rapper parlano di droga, pistole e polizia e non succede mai niente, io cerco a modo mio di fare solo il musicista e finisco sempre nei guai. Forse i media ci hanno lavorato un po’ su. Non dico di essere uno stinco di santo ma nemmeno…Sono più simile alle persone normali che ad una celebrità".
Ma tu sei un personaggio pubblico
"Sì, ma mi sento una persona normale, non mi sento un personaggio pubblico. Trovo che esserlo sia una cosa imbarazzante. Io sono diverso. Quando la gente mi fa i complimenti per la musica che scrivo mi sento onorato”.
Con l’album "A volte esagero" però, sembri voler ammettere le tue "colpe"
"In realtà la produzione di quell'album coincide con l'arrivo del mio quarto figlio. Quando ho capito che non c’era più molto spazio per me ho esagerato un po’. Poi però sono tornato alle mie responsabilità".
Come ti ha cambiato l’essere diventato papà?
"Ho dovuto imparare ad essere meno egoista".
Quattro figli, tutti con nomi biblici che iniziano con la G. perché?
"Perché Gesù Cristo è stato la più grande rockstar mai vissuta. Gli altri possono provarci quanto vogliono ad esserlo, ma tanto non ci riescono".
Hai avuto un rapporto difficile con tua mamma e un non rapporto con tuo padre. Per questo, tempo fa hai detto "non riesco ad accarezzare, non conosco la dolcezza”
"Sì, è vero. Però adesso mi sono preso un cane e con lui riesco ad essere dolce. Scherzo (ride, ndr), un po’ sto migliorando, almeno ci provo. Anche se resto un duro alla Clint Eastwood. Tra l'altro, anche mia moglie è una persona un po’ fredda".
E con i tuoi figli, che padre sei? Freddo e distante?
"No, con loro sono affettuoso, perché so che cosa significa non ricevere le carezze e l’affetto che desideri quando sei piccolo".
Duro, freddo e con quell’etichetta di rocker maledetto che ti porti dietro
"Io non mi sento tale, sono solo un musicista che ha capito che il rock non può essere maledetto. Il rock è un’espressione, un modo di far vibrare le corde della chitarra in una maniera diversa e magari in due secondi riuscire a far arrivare un messaggio alla gente. O magari non arrivarci per niente, o farlo in maniera fastidiosa. Ma la musica non deve essere per forza gentile, a volte deve graffiare. Se io sono un rocker maledetto, lo sono anche l’80% dei ragazzi in Italia e nel mondo".