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Giovanni Allevi a cuore aperto: "La mia malattia, la prospettiva di vita e quello che sta succedendo nella mia vita"

"Molti si arrabbiano perché noi malati oncologici ci definiamo "guerrieri". Magari non lo siamo davvero ma io mi sforzo di vedere la malattia come un dono. Poi forse non è vero. Ma lasciatemi almeno l’illusione"

Cinzia Marongiudi Cinzia Marongiu   
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“Quando ho scoperto di essere malato ho evitato accuratamente di andare su Internet e di leggere qualcosa che riguardasse la mia malattia, il mieloma, che poi a dispetto delle sue terribili conseguenze è una parola che ha un suono dolcissimo. Poi però mi sono imbattuto in questo titolo: “Dal mieloma non si guarisce”.  Secondo le statistiche il mio futuro non può spingersi troppo in avanti quindi il mio domani è piuttosto un presente allargato che voglio vivere il più intensamente possibile. Voglio farmi attraversare dalla vita come se non ci fosse un domani, un presente dove ogni alba è una promessa e un tramonto è un arrivederci. A questo proposito ora suono “Tomorrow”, “Domani” appunto, un brano che ho scritto nel letto di ospedale”.

"Dal mieloma non si guarisce"

Giovanni Allevi pronuncia queste parole di condanna così dure e difficili da digerire con quel suo sorriso puro e lontano dalle divisioni e dalle polemiche quotidiane. Lo stesso modo di porsi e di abbracciare il suo sterminato pubblico che però per anni gli è costato tante critiche feroci e una parodia impietosa da parte di Checco Zalone. Poi la malattia, come spesso accade, ha messo tante malelingue a tacere ma per fortuna non è riuscita a fermarlo. Così eccolo di nuovo davanti al pubblico numeroso e adorante del Med Fest di Cagliari, dopo quell’esibizione struggente a Sanremo che aveva commosso tutta l’Italia. Jeans e maglietta neri, scarpe da tennis, i famosi riccioli ormai grigi e un corsetto che gli sorregge la schiena. Quando suona però la magia è intatta o forse addirittura maggiore di quella con cui per anni ha incantato il pubblico diventando uno dei pianisti più acclamati a livello internazionale.

Perché noi malati oncologici ci definiamo guerrieri

Allevi però è ben consapevole che il suo approccio alla malattia e ciò che racconta al riguardo ancora una volta sta provocando reazioni e critiche sui social e nella società civile, soprattutto quando lui parla della malattia come di un “dono”.  “Ho cercato di affrontare questo tema così divisivo e scottante anche nel libro che ho scritto “I nove doni”. Avvicinare la figura del guerriero alla malattia so benissimo che è un fatto problematico. E allora perché con gli altri malati oncologici ci definiamo guerrieri e perché ci abbracciamo e ci riconosciamo in questa parola? Semplicemente per farci un po’ di coraggio. So perfettamente che la malattia è sfiancante, che la malattia è esperienza del limite, del male e della sofferenza che purtroppo non hanno un senso. Saremmo degli angeli, degli esseri impalpabili se fossimo in grado di superare la malattia. Ma purtroppo non è così. Siamo fatti di una materia che è corruttibile e siamo destinati a soffrire. Allora ci facciamo coraggio. E ci diciamo siamo dei guerrieri. Magari non lo siamo davvero ma io mi sforzo di aprire il mio cuore alla possibilità che la malattia possa regalarmi dei doni. Poi forse non è vero. Ma lasciatemi almeno l’illusione che sia così”.

 

Cinzia Marongiudi Cinzia Marongiu   
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