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Daniele Silvestri, il concerto confessione: "Mio padre braccio destro di Maurizio Costanzo e i brani sugli argomenti più spiacevoli"

L'artista romano si mette allo specchio di fronte al pubblico in tour. Un misto di musica, parole, aneddoti, storie divertenti, omaggi ai suoi grandi ispiratori

di Massimiliano Lussana   
Daniele Silvestri (Ansa)
Daniele Silvestri (Ansa)

Può un concerto trasformarsi nel racconto di trent’anni non solo della vita di chi è sul palco, ma della propria vita, della nostra vita? Eccolo. Per raccontare i suoi “primi trent’anni abbondanti da cantastorie”, anzi da “cantastorie recidivo”, Daniele Silvestri non poteva trovare cornice naturale migliore: i giardini sul mare di Santa Margherita Ligure si aprono sul golfo del Tigullio e il colpo d’occhio è impressionante da Portofino a Zoagli, con le case illuminate, le lampare, gli yacht, i riflessi della luna e un contesto che, se fosse stato ingaggiato uno scenografo, sarebbe un kolossal.
Il resto, poi, ce lo mette Daniele.

Ogni canzone un pezzo del percorso

Che racconta storie personali e storie sociali, a partire da “Le navi” per raccontare “storie di altri, storie di persone che si affidano a questo mare, a questo che abbiamo davanti, mossi dalla elementare speranza di un futuro migliore per loro. Il nostro popolo negli anni ha dimostrato una straordinaria capacità di grande e meravigliosa accoglienza, ricordiamocelo sempre”.

Il padre braccio destro di Maurizio Costanzo

E poi ci sono le storie personali, a partire da quella di suo papà Alberto che fu autore televisivo, braccio destro di Maurizio Costanzo nella scrittura del suo show e collaboratore di Maria De Filippi, ma anche sceneggiatore di “Sandokan”, lo sceneggiato con cui ci innamorammo di Kabir Bedi e della Perla di Labuan, con Yanez che un po’ ha la stessa irriverenza da simpatico impunito di Silvestri junior, ma anche di “Yuppi du” di Adriano Celentano: “L’uomo intero” è per lui, “forse mentre scrivevo non lo sapevo, ma fondamentalmente raccontavo mio padre”. E il racconto di una vita in bilico fra essere interi e parzialmente scremati è forse il modo migliore di rendere omaggio al papà, anche in modo postumo. Perchè il Dna non è solo una questione di aspetto, ma anche di geni, in ogni senso.

Ogni luogo da sentire come casa nostra

È anche una lezione di scrittura creativa questo tour del “cantastorie recidivo”, che ha una dimensione acustica e la voglia di fare arrivare i suoni; lui al piano, un percussionista e soprattutto un musicista con tromba e fagotto: “Spesso per raccontare una storia è utile partire da un dialogo e sono molte le mie canzoni con i dialoghi”. Così come dal racconto dei luoghi: “Ci sono posti dove andiamo in viaggio o in vacanza, luoghi dove magari rimaniamo solo poche ore. Ma poi li sentiamo come casa nostra. E il punto sta proprio qui, nel sentire qualsiasi luogo come casa nostra”.

La canzone sulla cacca e sul sogno B

Ce ne sono molte che non venivano quasi mai suonate dal vivo o che ritornano come quella dedicata alla cacca: “Non passerà alla storia della musica italiana, ma va inquadrata in un periodo in cui il rap era arrivato in Italia ed era di gran moda e qualcuno, allora come oggi, si stagliava su tutti, come un ragazzo di nome Frankie. Negli anni Novanta quindi anche io ammiccavo al rap, con gli argomenti più spiacevoli” come “sogno B”, “questa è una canzone sulla cacca” e forse “esageravo un po’”.

Innamorarsi è quasi obbligatorio

Racconta d’amore e di viaggi, Daniele “e tutti noi abbiamo una canzone che ci ricorda i nostri posti del cuore o viceversa un posto del cuore che ci ricorda una canzone”, così parte “Strade di Francia” che riporta tutti noi a chi ha girato dalla Normandia alla Costa Azzurra, passando per Parigi, generalmente creature divine di cui è impossibile non innamorarsi.
Perché poi, a un concerto o ascoltando la discografia di Daniele Silvestri innamorarsi è quasi obbligatorio e lui ci gioca: “Ora vi faccio una canzone che in tantissimi mi dite che è quella che vi ha fatto innamorare e che quindi suonate ad esempio ai vostri matrimoni, dove poi mi invitate o mi scrivete lettere bellissime raccontando quanto ha contato per la vostra storia”. Dalla platea un signore urla, convinto: “La paranza”. E Daniele: “Non so che matrimoni siate abituati a frequentare…”. La canzone, ovviamente, invece è “Occhi da orientale” e a ogni concerto quegli stessi occhi si inumidiscono di gioia, con Silvestri divertito e gongolante, visto che lui non ci avrebbe scommesso su un successo tale per questa canzone, nei panni del Cupido di note.

Quel primo successo mai dimenticato

Ovviamente, fra le storie d’amore, un classicissimo è “Le cose che abbiamo in comune”, riportata recentemente nelle alte rotazioni radiofoniche da Alfa, uno a cui piace mantecare i mondi e i linguaggi, come ha dimostrato anche sul palco dell’Ariston con la versione di “Sogna, ragazzo sogna” scritta con Roberto Vecchioni: “Ci tengo a dire una cosa su questa canzone. Se pensate che l’abbia scritta Alfa probabilmente non siete della mia generazione. Se non sapete chi sia Alfa probabilmente siete della mia generazione”.

Alfa è di Genova. Così come era di Genova Fabrizio, “uno che ritengo fra i migliori scrittori in assoluto della storia della letteratura italiana, uno ai livelli di Dante”, per cui c’è un doppio omaggio. Uno è “Disamistade”, splendida canzone per splendida parola sarda, l’altro in qualche modo è “Il mio nemico”, “che è utile ricordare proprio in questi giorni” (è l’anniversario della morte di Carlo Giuliani, ucciso mentre lanciava un estintore in piazza Alimonda) “ed è utile ricordare quando si vedono manganellare gli studenti. Ne portiamo tracce anche nel presente”.

Gli "incroci" che ti restano dentro

Storie, altre storie. Come quella dell’incontro con Mina: “Andrebbero raccontate anche le storie che stanno dietro alle canzoni, come quella che scrissi un giorno e misi in un cassetto, mi sembrava una canzone chitarra e raffreddore. Poi un giorno mi chiamò Massimiliano Pani, il figlio di Mina, chiedendomi una canzone e lì nacque “La seconda da sinistra”. Io fui orgogliosissimo di scrivere per Mina, ma la sentivo come una sua e non una mia canzone. Poi, però, un giorno la ripresi in mano, la misi al maschile e nacque “Il secondo da sinistra” che oggi è una delle mie canzoni che amo di piu”.
C’è spazio ovviamente per “Monetine”, “A bocca chiusa” senza la quale ha raccontato Paola Cortellesi che “non sarebbe mai nato “C’è ancora domani”, “Salirò”, “La paranza” e “Testardo”, cioè i classicissimi. Ma, ovviamente, con trent’anni di carriera ne mancano moltissimi. Nel cuore non manca mai “L’autostrada”, il profumo di pane alle olive e la voglia di andare insieme incontro all’estate.

di Massimiliano Lussana   
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