70mila in delirio, la Jolie che balla con la figlia e il rock: basta polemiche, godiamoci i Maneskin
ll quartetto è tornato nella sua Roma, dalle cui strade tutto era cominciato. Scarsi, sopravvalutati, scolastici? Se la piantassimo? Cronaca di un trionfo

Delirio, felicemente delirio doveva essere, e così è stato. In 70mila al Circo Massimo per cantare a memoria i brani dei Maneskin. Quelli in italiano con cui si sono fatti conoscere da X Factor in poi (benissimo fece Manuel Agnelli a insistere su di loro) e quelli in inglese con cui hanno fatto il botto negli Usa. La festa con il concertone romano era il "ritorno a casa" di cui ha parlato apertamente Damiano David rivolgendosi al suo pubblico, quello che ha visto la band di giovanissimi cominciare per strada, suonando col cappello fra i piedi e in mezzo alle chitarre. Abbiamo scritto qui di cosa sia diventato nel frattempo l'impero dei Maneskin, quanto fatturi e chi lo gestisca. E non si fa altro che polemizzare sul successo mondiale, imprevedibile e spiazzante, dei quattro di Roma. Polemica rinfocolata dalla critica dei Porcupine Tree che li hanno definiti terribili e segno del degrado del rock e della scena musicale. Di fronte all'enorme festa sudata e colorata del Circo Massimo viene da chiedere una sola cosa: se la piantassimo con scontri da retrobottega, snobismi e critiche al ribasso, e ci godessimo semplicemente la parabola dei Maneskin?
Se anche Jolie balla sotto il palco
Ha fatto scalpore la presenza di Angelina Jolie, arrivata sotto il palco al Circo Massimo, ad accompagnare la figlia, felicissima di cantare e ballare con lei sui ritmi e le melodie dei Maneskin. Non è la prima Vip a fare di tutto per esserci, non sarà l'ultima. Quando vai sotto l'ala di Iggy Pop e degli Stones, quando sei fra i nomi più attesi in eventi prestigiosi come Coachella e Jimmy Fallon Show, quando impazzi nelle airplay americane ricevendo nomination in ambito rock, dopo aver sbancato Sanremo ed Eurovision. Quando hai 245 certificazioni globali che includono 11 dischi di diamante, 194 dischi di platino e 40 dischi d’oro e più di 5 miliardi di streaming su tutte le piattaforme digitali e sei fra le band più ascoltate al mondo. Significa che non si tratta soltanto di buccia lucidata in modo furbo. Sta succedendo qualcosa e bisogna vederla per quello che è. Magari pogando, come si usava un tempo, con una birra in mano e un sorriso sudato.
Ragazzi che fanno rumore
Si intitola Loud Kids il tour dei Maneskin in corso, e che prevede oltre 70 date in giro per il mondo, diverse delle quali sold out. Tutto esaurito, gente. Meditiamo? Si parla di basso livello musicale, di fuoco di paglia, di italiani che si sono permessi di riesumare il rock britannico e statunitense pretendendo di andare a insegnarlo da capo ai suoi inventori. Che i Maneskin hanno un grande cantante, una enorme faccia tosta ma musicalmente sono così così. Medi, prevedibili, pieni di stereotipi. Vedremo come andrà la loro corsa nel lungo periodo. Nel mentre però ci sono i fatti: nessun musicista italiano aveva avuto tanta visibilità nel mondo, e che non si citino Pausini, Al Bano o Bocelli, perché in quel caso non si parla di rock, ma del perpetrare la melodia italiana esattamente come se la aspettano ovunque.
Se la piantassimo di criticare e ci godessimo la festa?
Nel caso dei Maneskin hai chitarre distorte, ammiccamenti sessuali, sudore, muscoli, la presenza da riot girl di Victoria al basso, un immaginario che passa per il glam anni Settanta e non trascura il rock degli anni Novanta. L'ultima volta che è stato musica di massa, capace di infuenzare i kids, prima che l'onda rap e trap cancellasse tutto il resto. E se ora fosse di nuovo il momento delle chitarre e degli ampli a palla? Crediamo che anche i Manskin si rendano conto dei loro limiti: pezzi semplici, nessun virtuosismo musicale, esecuzioni giuste giuste di quel che serve, mai niente di più. Per la crema gourmet c'è tempo, e il tempo è dalla loro parte. Saltiamo, sudiamo, godiamocela. E' anche un modo di dimenticarsi mesi e mesi in cui l'unica popstar mondiale è stata una cosa orrenda chiamata Covid-19.