[La storia] Il lutto che colpisce la famiglia della Santarelli. E l'ultima lettera che ci chiama all'azione
Due anni terribili, quelli vissuti dalla ex showgirl ora attrice. La malattia grave del figlio, ora il suicidio dello zio che per anni ha accudito amorevolmente suo figlio colpito da sindrome rara. Da tanto dolore può nascere qualcosa di importante. Se sapremo capirlo
Due anni indimenticabili. Nel senso orribile del termine. Mesi e mesi che non vorresti mai toccassero a te, ma invece ci sei dentro. Con tutta te stessa. Non puoi tirarti indietro e sai che in certi momenti sarai sola. Sola. Ad affrontare tutto. La vita di Elena Santarelli, showgirl e ora attrice di teatro e modella, moglie dell'ex calciatore e oggi manager della Lega di Serie A, Bernardo Corradi, è così. Da due anni senza tregua. E nel momento in cui il tumore che ha colpito il figlio della coppia molla la presa, un'altra malattia e un lutto arrivano a sconvolgere tutta la famiglia. E' stata la stessa Santarelli a parlarne. Per rendere un lutto qualcosa che possa servire ad essere tutti più attenti, più sensibili. Ad andare oltre il sensazionalismo e la superficialità da social network. La sua è una gran scommessa che parte da una lettera.
Un mostro chiamato Prader Willi
La lettera che Elena Santarelli ha reso pubblica è stata scritta di suo proprio pugno da suo zio Vittorio, prima di togliersi la vita lanciandosi dall'ottavo piano di un palazzo a Latina. Scrive Elena: "Mio zio aveva una figlia (Daniela) con la sindrome rara di Prader Willi, da 37 anni era l’ombra di sua figlia Daniela, era insieme a mia zia un vero e proprio “care giver” dedicando tutte le sue energie alla figlia malata, e come tutti i care giver ci si sente lasciati soli (non dalla famiglia). Pochi gg fa aveva scoperto di essere affetto da una malattia, questo è il secondo mostro di cui parla. Questo gesto che ha compiuto può essere giudicato come atto di vigliaccheria ma non è così, un gesto chiaro di un ultimo sacrificio verso la famiglia e verso tutte le famiglie che vivono questa condizione. Zio Vittorio era una bella e brava persona che aiutava tutti con il sorriso sulle labbra e vorrei che tutti lo ricordassero per tutto quello che ha fatto prima di compiere qs gesto estremo". Scoperta nel 1956 e dovuta all'alterazione di un cromosoma, la sindrome di Prader Willi è una rara patologia che porta a riduzione del tono muscolare o di altri organi, ipofagia, ovvero appetito incontrollabile, strabismo, dimensioni ridotte di piedi, malfunzionamento dei testicoli. Se ne parla pochissimo, come si parla ancora troppo poco di autismo e dislessia.
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La lettera dello zio Vittorio è insieme struggente e lucidissima: "La Prader Willi mi ha consumato, distrutto senza forze, ora sento già il secondo mostro che si è impossessato di me, chiedo scusa alla mia famiglia (tutta) ma non ho la forza per affrontarlo". Poi l'ultimo saluto ai familiari: "Mario prendi il comando e già so che lo farai, ciao, grazie. Dani ciao. Vale scusa, Lalla scusa ciao. Tommi, Vittoria nonno va sulla “luna”, ciao bambini, ciao studiate. Ciao a tutti quelli a cui ho voluto bene, amici cari". Quindi l'ultima richiesta: "Chiedo ai politici di fare di più per le famiglie con persone con handicap". Si torna ancora una volta su questo punto. Di fronte alla malattia siamo davvero tutti uguali, non c'è sucesso, fama, visibilità, guadagno milionario che tengano.
Celebrità e non: sentirsi soli alle prese con la malattia
La fatica quotidiana, unita al senso di cattiva comprensione e isolamento, accomunano celebrità a persone comuni. I genitori di autistici si possono ritrovare nelle esperienze condivise, e nell'impegno per una maggiore solidarietà istituzionale di personaggi come Gianluca Nicoletti, Elio delle Storie Tese e Franco Antonello. In Italia la dislessia, scambiata colpevolmente per ritardo cognitivo, è ancora un mezzo mistero, per questo sono fondamentali le prese di posizione di una dislessica con grande visibilità fra radio e tv, come Andrea Delogu. E poi c'è il vero e proprio caso limite di Elena Santarelli, nipote di uno zio morto suicida perché sfiancato dalla lotta alla malattia propria e del figlio. Madre di un bambino colpito dal tumore, Elena. Determinata a non fargli mancare sorrisi e giochi, forza e spensieratezza, e considerata una cattiva madre perché troppo positiva, troppo allegra, da schiere di vigliacchi che nascondendosi dietro uno pseudonimo l'hanno attaccata e insultata per mesi. Fino a quando il cancro è arretrato e lei si è potuta lasciare andare a uno sfogo in lacrime, alla rabbia che aveva dovuto trattenere per proteggere il piccolo Giacomo. Possono i social network diventare un luogo di solidarietà e sensibilità, o dobbiamo rassegnarci a vederli degenerare a cloaca in cui stanno i peggiori sentimenti umani? Per questo la lettera di Elena e dello zio Vittorio sono una scommessa doppia.