I due occhi magnetici ritrovati in mezzo a milioni di persone. La fiaba amara che va in mostra
La ragazzina aveva appena 12 anni, e quando Steve McCurry la ritrasse diventò un'icona mondiale. Nella mostra "Icons" la storia di un'ossessione durata 18 anni

Ogni cultura trova i propri alibi, ad esempio aver definito i meravigliosi occhi finiti sulla copertina di National Geographic nel 1984 e capaci di diventare un'icona mondiale, gli occhi della "Monna Lisa dei profughi". Visitare la mostra Icons con gli intensi ritratti e le scene di vita nei posti più inesplorati del mondo (Mongolia, montagne afgane, Yemen, Cina rurale) è molto più di una semplice presenza ad una splendida mostra di fotografia. E' una vera esperienza sensoriale. Per come il fotografo statunitense pluripremiato Steve McCurry riesce a far vivere, respirare, quei visi che hanno dentro vite, storie di disperazione, resistenza, piccoli miracoli frutto del più bel tesoro che l'uomo abbia: la sua umanità. La mostra resta aperta fino al 10 gennaio 2021 a Palazzo di Città di Cagliari. Regolata secondo un rigido protocollo anti Covid-19, con prenotazione via app e numero chiuso di visitatori quotidiani. E raccomandatissima per quel che lascia dentro. E al centro di questa narrazione tornano gli occhi incredibili di Sharbat Gula. La "Monna Lisa della guerra", protagonista di una storia incredibile. Che, attenzione, non è una fiaba capace di dare pacche rassicuranti sulle nostre spalle occidentali.
Storia di un'ossessione
Al centro di Icons, mostra con 100 capolavori fotografici di Steve McCurry, c'è il docufilm di National Geographic che è la storia di un'ossessione durata 18 anni. McCurry, tornato nel suo amato Afghanistan, Paese tra i più maltrattati della Storia (prima dagli inglesi, poi da una durissima invasione russa, quindi dalle bombe americane) incontrò per la prima volta il volto e gli occhi di Sharbat Gula in un campo profughi tra Pakistan e Afghanista, e in particolare nella tenda che ospitava la scuola per i ragazzini del campo. Timidissima, avvolta in una veste rossa, con la pelle bruna segnata dalla paura, dalla fatica, dalla luce della speranza che passava anche per l'istruzione. Un viso di dodicenne illuminato da occhi meravigliosi, chiari, pieni di sfumature che raccontavano la vita negata di un'adolescente già orfana. Steve McCurry la convise a farsi fotografare, la foto diventò l'emblema delle ferite della guerra e degli innocenti che le patiscono, e fece il giro del mondo. Diciotto anni dopo il maestro della fotografia tornò in Afghanistan per cercare Sharbat, per sapere che vita facesse, come fosse diventata. Una ricerca durata mesi, perché trovare quegli occhi fra centinaia di migliaia di persone, molte delle quali nella realtà a parte dei campi profughi, si presentava come un'impresa al limite dell'impossibile.
Come ti rende una vita di paura e privazioni
Oltre ad amicizie personali e ad appoggi di reporter locali molto radicati nel territorio e capaci di vincere la diffidenza della popolazione verso gli stranieri, Steve McCurry fu affiancato dagli esperti dell'intelligence americana nella comparazione dei tratti somatici. Ci sono modi per paragonare occhi fotografati a 20 anni di distanza, e di capire se sono esattamente quelli che stai cercando. Proprio questa analisi sofisticata permise di stabilire che una prima donna trovata in Afghanistan non era Sharbat Gula, malgrado le somigliasse. Da lì, altre settimane di ricerche certosine fra persone che l'avevano conosciuta al campo profughi, ex compagni di scuola, una insegnante che nel mentre aveva perso una gamba a causa della guerra, quindi ecco l'informazione giusta. Difficile incontrare Sharbat, timidissima, immersa nella cultura islamica per cui una donna può essere incontrata da altri uomini solo col permesso del marito, e in presenza di lui. Ma infine eccola, in un luogo poverissimo, una casa di blocchetti rudimentale, i figli, il marito panettiere, i piatti e le tazze lavati con le mani e un po' d'acqua.
Ritraiamo un mondo che vogliamo pacificare a modo nostro. Con la violenza
Una vita in cui manca tutto. I beni materiali, le comodità, il senso di protezione. E se gli occhi erano ancora quelli, il viso mostrava i segni di un'esistenza dura: macchiato, appesantito, un'espressione magnetica e allo stesso tempo attonita. Tempo dopo Sharbat fu arrestata per possesso di documenti falsi, quelli che le avevano permesso di provare a vivere alla larga dalla guerra e di avere una famiglia. McCurry si batté per il suo rilascio, che arrivò. Ci sono voluti 45 anni da fuggitiva, da indesiderata, da orfana e profuga, 45 anni di paura di tutto, a Sharbat Gula, per avere infine una casa tutta sua a Kabul. Non è una fiaba, e se lo è ha il gusto amaro della realtà fatta di popoli che non vogliamo capire, che odiamo essendo a nostra volta odiati, che vogliamo pacificare con la forza e la violenza, e controllando secondo i nostri business miliardari le risorse di casa loro. Contraddizioni: tutte riflesse in quegli occhi ritratti da McCurry.
