"Terra Ignota": il primo fantasy di Vanni Santoni è tinto di rosa

'Terra Ignota': il primo fantasy di Vanni Santoni è tinto di rosa
di Andrea Curreli

Spade, ciondoli magici, giochi medioevali, re e cavalieri spietati. Vanni Santoni si affida agli elementi classici del fantasy per il suo esordio in questo genere letterario. Abbandonate per ora le strade che l’hanno reso celebre in giovanissima età (aveva affrontato il tema del disagio generazionale in Gli interessi in comune e aveva raccontato il capoluogo toscano attraverso gli occhi di diversi personaggi in Se fossi fuoco arderei Firenze), lo scrittore ci trascina in un microcosmo fiabesco dove la voglia di esplorare il mondo delle giovanissime protagoniste (Vevisa e Ailis) si mescola con sete di vendetta e desiderio d'avventura. Il libro s'intitola Terra Ignota - Il Risveglio (Mondadori editore, collana Chrysalide 2013) ed è il primo volume di una saga rivolta ai teenager e agli amanti del genere fantasy. Il libro si apre con  l’improvviso attacco al Villaggio Alto da parte di un manipolo di spietati cavalieri. Una notte di festa si trasforma in un bagno di sangue dal quale si salvano le due protagoniste. Ma Vevisa viene rapita e Ailis giura vendetta per poi partire alla ricerca dell'amica. Santoni sarà a Lucca Comics & Games 2013 per presentare il suo libro il 3 novembre, ma due giorni prima parteciperà a una tavola rotonda e a un incontro con alcuni blogger fantasy. A Tiscali Notizie, lo scrittore, giornalista e cofondatore del progetto di scrittura collettiva SIC (Scrittura Industriale Collettiva) parla del suo nuovo lavoro.

Santoni, come è nata l'idea di scrivere un libro fantasy?
"L’idea è venuta a Martina Donati, una delle persone più sveglie e competenti di tutto il settore dell'editoria. Un giorno mi disse: 'hai fatto il Dungeon Master per vent’anni, sai scrivere i romanzi, e non hai ancora fatto un fantasy?'. Da lì tirai giù qualche pagina, quasi per gioco, per rendermi poi conto che in realtà era qualcosa con cui dovevo fare i conti come scrittore, dato che una parte importante della mia formazione infantile e adolescenziale – penso al D&D e alle mie prime letture, dove il Calvino fantastico aveva un ruolo di primo piano, ma anche alle grandi saghe videoludiche come Ultima o Baldur’s Gate, al cinema fantastico degli anni ’80, a quei veri e propri feuilleton fantastici che erano cartoni animati come Ken il guerriero o I cavalieri dello zodiaco – aveva a che fare col fantasy. Dunque, si poteva fare in due modi: o scrivere un libro breve, metaletterario, non so, una cosa come quello che è La breve favolosa vita di Oscar Wao per la cultura nerd o Le avventure di Kavalier e Clay per i fumetti, oppure giocare secondo le regole del genere.
Ho scelto la seconda opzione e messo in cantiere un romanzo lungo, che mira a mettere in comunicazione gli elementi pop sopra descritti, e che tanto ho amato da ragazzino, con la tradizione fantastica italiana più classica e con il mondo della fiaba".

Il suo romanzo quindi non si distacca dagli elementi tradizionali del genere?

"Se da un lato nel fantasy è consentito spaziare liberamente con la fantasia, dall’altro si tratta forse del genere dove esistono i parametri più rigidi da rispettare, o anche da rompere, ma sempre nella consapevolezza della loro esistenza. Cioè deriva dal fatto che il fantasy è il figlio modernista del mito, da parte di padre, e della fiaba, da parte di madre. E tanto i miti quanto le fiabe affondano le loro radici nella coscienza collettiva e fanno largo uso dei suoi archetipi, sia a livello di immagini e figure che a livello di struttura narrativa. 

Detto questo, è chiaro che se ci si mette a scrivere un fantasy classico nel 2013, tentare strade di innovazione è cruciale".

Lei però ha introdotto varianti importanti.
"Alcuni dei primi commentatori hanno parlato con favore della lingua che ho scelto, la quale alterna deliberatamente forme sintattiche arcaiche (il prologo ad esempio è calcato su parti del Gilgamesh e della Bibbia) e dialoghi moderni. Anche a livello strutturale, benché l’arco narrativo sia dei più classici, ho scelto capitoli brevi, spesso con salti temporali tra l’uno e l’altro, un approccio tipico della narrativa di genere più moderna, lasciandomi dietro certe forme pompose e a volte iperdescrittive che sovente affliggono il fantastico oggi. Alcuni, primo fra tutti Federico Pucci dell’Ansa, hanno ravvisato un tratto di innovazione nell’impostazione largamente al femminile del romanzo, in un genere che è, pur con qualche eccezione, abbastanza 'maschilista'. Non solo la protagonista, Ailis, è una donna, ma quasi tutti i personaggi principali, dalle altre 'figlie del rito' Brigid, Lorlei e Morigan alla controparte di Ailis Vevisa, sono femmine, e ci sono anche personaggi 'queer'. 
Aggiungerei infine che il pastiche, per quanto sia una tecnica per niente nuova, di rado è stato usato nel fantasy, a meno che non si voglia considerare La terra desolata un poema fantasy: qualcuno, a una delle prime presentazioni del libro, svoltasi a Verona, ha detto che Terra ignota sta al fantastico come il Django di Tarantino sta al western, o Kill Bill al cinema di arti marziali. Paragoni senz’altro esagerati, ma in effetti lo spirito è quello".

Restiamo sui suoi personaggi. Le protagoniste sembrano seguire un percorso iniziatico che coincide con la crescita e la maturazione. È così?
"Nel caso de Il Risveglio - primo volume di un trittico, ma autoconclusivo – certamente sì. Il romanzo segue le peripezie di Ailis da quando ha solo undici anni fino a quando ne ha quindici, e il suo confronto, in così giovane età (sebbene abbia dalla sua più di una caratteristica non proprio ordinaria), con un mondo sconosciuto, vasto e terribile: in questo senso, e anche alla luce del fatto che nel corso della vicenda Ailis troverà vari e inaspettati maestri. Il primo Terra ignota è un romanzo di formazione puro. Nei successivi libri però le protagoniste saranno adulte e l’azione si allargherà a più punti di vista, e la narrazione andrà più sull’epica vera e propria".

Quali sono stati i riferimenti letterari che hanno influenzato il suo romanzo?
"A livello di impostazione del mondo e della sua cosmogonia, tutta l’opera di Guénon, i testi di Crowley, Aristotele e Paracelso, Eliot, la Bhagavadgītā, Le lamine d'oro orfiche. A livello teorico e strutturale l’opera di Jung, Frazer, Campbell. 
Per quanto riguarda invece le influenze letterarie, oltre ovviamente a Tolkien, con cui bisogna comunque fare i conti anche quando si cerca di affrancarsi dalla sua eredità, direi certamente Ariosto, Malory, l’Iliade, l’Eneide, il Conan di Robert Ervin Howard, Le città invisibili di Calvino. Ma anche manga come Berserk di Kentaro Miura e Bastard!! di Kazushi Hagiwara. Infine, per aver evocato alcune immagini attorno alle quali ho costruito il romanzo, le Poesie esoteriche di Fernando Pessoa".