Lino Cianciotto: "Io, la gamba amputata e la Sardegna più selvaggia da far scoprire"
“L’avevo capito subito che non ci sarebbe stato niente da fare. Quando ho visto quel masso staccarsi dalla parete di roccia di Buggerru, 800 chili di roccia calcarea di 530 milioni di anni fa, l’equivalente di un piccolo frigorifero, e cadermi addosso ho immediatamente realizzato che la mia gamba non ci sarebbe più stata”. In realtà la gamba c’era ancora ma era letteralmente maciullata. “In ospedale ho dovuto fare di tutto per convincere i medici ad amputarmela. Dopo il primo intervento e i dolori atroci, ho capito che era inutile aspettare e sperare. L’ho guardata, l’ho anche fotografata, so in che condizioni era, non mi sono girato dall’altra parte”. Può sembrare assurdo, eppure è stato proprio così, cercando di farsi dire la verità, anche quella più scomoda, e insistendo affinché i medici si prendessero la responsabilità di dire che bisognava tagliare, che Lino Cianciotto ha iniziato la sua nuova vita. Aveva 50 anni tondi. "Dopo due settimane in cui i medici continuavano a non rispondere alle mie domande, a frapporre silenzi imbarazzati, sono sndato giù dritto. E ho detto: "Ditemi la verità: sarà la gamba a portare me o dovrò essere io a portarmi appresso la gamba? A quel punto ho detto: "Tagliate subito!".
E spiega: “Sono una guida ambientale, vivo facendo escursioni, portando le persone nei posti meno battuti e più impervi, fotografando la natura ancora selvaggia. A me le gambe servivano, ma non avevo tempo da perdere. Io volevo ricominciare al più presto a camminare, magari a correre. Volevo tornare il prima possibile a fare il mio lavoro. E a regalare uno sguardo diverso ai turisti che vengono nella Sardegna occidentale e che rimangono colpiti da quanto sia poco battuta”. Quel lavoro che da allora, 8 anni fa, ha reimparato a fare: “Noi amputati siamo come i bambini. Dobbiamo ricominciare da capo. Dobbiamo reimparare tutto”. E Lino Cianciotto in questo è stato davvero veloce e determinato: “A guidarmi è stata la volontà e la voglia di fare tutto come prima e meglio di prima, se è possibile”.
Così, eccolo dopo appena due mesi da quell’incidente, di nuovo intento a percorrere sentieri accidentati e poco battuti, a scoprire e a far assaggiare angoli sconosciuti della Sardegna più selvaggia, ad arrampicarsi sulle pareti di roccia a picco sul mare. Perfino a fare le immersioni subacquee. E a trasformarsi in un atleta capace di passare dal trekking al canotaggio e al kayak. Il tutto con la protesi. Non c’è dubbio che la parola che più lo descriva sia “sfida”. Ha partecipato all’UTSS di Baunei nel 2017, al Trail del Marganai e allo Sky Race di Villacidro. Inoltre da tre anni organizza la 24 ore in Cammino nella Costa delle miniere, oltre 62 km nei sentieri costieri del sud ovest della Sardegna. Inoltre è il primo atleta disabile a chiudere in autonomia il famoso Selvaggio Blu di Baunei in 30 ore nell’aprile 2019, percorso da Pedra Longa a Cala Sisine, passando per falesie a strapiombo sul mare e salite in corda. In questa videointervista concessa a Tiscali.it in occasione della sua partecipazione all’Andaras Traveling Film Festival, la cui seconda edizione si svolge a Fluminimaggiore dal 19 al 23 agosto, Cianciotto ci anticipa quali saranno le sue prossime sfide, ben sapendo che quella più importante, l’unica che valga davvero la pena di affrontare fino in fondo sia quella con se stessi. E che lui quella l'ha già stravinta.