[Il ritratto] Astor Piazzolla, "l'assassino del tango" che amava Mina e l'Italia
Ora a 100 anni dalla nascista questo straordinario musicista , virtuoso del bandoneon e genio del Nuevo Tango viene celebrato con un documentario intimo e inedito, “Piazzolla, la rivoluzione del tango”
“L’assassino del tango”. Così lo chiamavano disprezzando la sua arte e criticando il suo genio musicale. “Il tuo non è tango!”, le accuse. “Voi volete distruggermi”, la reazione. E ancora, ecco le voci dei notiziari radiofonici, sorprese, quasi attonite, annotare: “La sua musica è molto diversa da tutto ciò che è stato il tango fino a ora. C’è una novità armonica e ritmica. È molto più trascinante”. Non è una stranezza e non deve sorprendere che gli innovatori, i riformisti in qualsiasi ambito decidano di muovere la loro azione abbiano in sorte una vita durissima.
E Astor Piazzolla, immenso musicista argentino, mitico bandonéonista, non ha fatto eccezione. E così ha dovuto vivere la sua vita discolpandosi e venendo continuamente attaccato dai puristi che il “Nuevo Tango”, così amato e celebrato in tutto il mondo, proprio non riuscivano a digerirlo. Tante, tantissime le innovazioni in quella sua musica così struggente e libera a cominciare dagli strumenti che utilizzava: sì all’organo Hammond, alle percussioni, alla batteria, al basso e alle chitarre elettriche. Sì, soprattutto alla contaminazione con il jazz, perché poi, in fondo, quel pensiero triste che si balla, come annotava Jorge Louis Borges, era nato nelle periferie, nelle terre di confine, nella casas malas, nei bordelli, nelle bische, nei lupanari. Insomma negli stessi luoghi “maledetti” dove era nato il jazz.
L’11 marzo del 2021 si festeggia il centenario della nascita di questo genio argentino che però aveva origini italiane: pugliesi per parte di padre, toscane per parte di madre. E che proprio in Italia nel 1974 aveva registrato uno dei suoi capolavori assoluti, quel “Libertango” che in una sola parola riesce a fondere due anime assolute della grandezza di Piazzolla. Da una parte il tango, quell’abbraccio che si balla, le anime che si incontrano, i silenzi che si improvvisano, la malinconia che si innalza nuda, senza alibi; e dall’altra la libertà, quella di inseguire dissonanze, aritmie e innovazioni e di introdurle nella tradizione più sacra, quella del tango appunto.
Cresciuto a New York fino ai 16 anni, Astor Piazzolla viene celebrato con un documentario che ne restituisce un’immagine intima e inedita, “Piazzolla, la rivoluzione del tango”, diretto da Daniel Rosenfeld, regista e produttore che ha avuto accesso ad archivi, nastri vocali, registrazioni in super8. Il racconto si snoda dagli esordi musicali al fianco di alcuni dei più grandi compositori musicali dell’epoca al rapporto con la famiglia fino alla passione per la caccia agli squali; dal rientro a Buenos Aires alla rivoluzione degli anni Settanta con “Libertango” l’album del 1974 con cui si sancì ufficialmente la nascita del Nuevo Tango, in contrapposizione con quello di Carlos Gardel.
Icona mondiale della musica di qualità, nel corso della sua carriera si è avvalso di numerose collaborazioni. In Italia ad esempio, ha registrato la memorabile trasmissione della Rai “Teatro 10” condotta da Alberto Lupo. Con Mina ha inciso anche “Balada para mi muerte”, ma sono tantissime le collaborazioni eccellenti in tutto il mondo. Come non ricordare quella con il grande sassofonista jazz Gerry Mulligan? E poi Milva, il bassista Pino Presti, il batterista Tullio De Piscopo. Nel film franco-argentino, campione di incassi all’estero, lo si sente dire: “Il mio sogno era diventare compositore di musica sinfonica. Non volevo più saperne del tango: lo detestavo”.