Dal disastro della nuova Alitalia al governo Monti: come agiscono i "Capitani coraggiosi"

Dal disastro della nuova Alitalia al governo Monti: come agiscono i 'Capitani coraggiosi'
di Cristiano Sanna

I padroni continuano a pagare se stessi, e a farlo con i nostri soldi. Ma si fanno chiamare patrioti, probabilmente sghignazzando quando le telecamere si spengono o le conferenze stampa si risolvono in romanissimi, piacevoli buffet. Sono quelli che mandano via lo straniero cattivo (leggi Air France) per far risorgere Alitalia, gli stessi che ora proclamano rinnovato il verbo delle privatizzazioni e nel mentre propiziano l'apertura obbligatoria di sportelli bancomat (con relativi costi) perfino per i pensionati da 500 euro al mese. Basta con i contanti, vogliamo aiutarlo o no questo grande Paese ad uscire dalle secche della speculazione e del riciclaggio, dall'abisso dell'eurozona? Di chi parliamo? Di Corrado Passera e di Salvatore Ligresti ma anche di Roberto Colaninno e Carlo Toto, senza dimenticare Emma Marcegaglia, Gilberto Benetton e la famiglia Angelucci. Sono i Capitani coraggiosi ritratti da Gianni Dragoni nel suo nuovo libro edito da Chiarelettere. E' un aggiornamento di La paga dei padroni, scritto nel 2008 da Dragoni (inviato del Sole 24 Ore) con Giorgio Meletti (Il Fatto Quotidiano), dove si svelava il meccanismo attraverso cui i grandi capitani di industria italiani riuscivano a controllare gruppi multinazionali investendo in essi capitali irrisori, garantendosi paghe faraoniche anche a fronte di risultati disastrosi (vedi la liquidità di cassa della Pirelli dimezzata in un paio d'anni di pessima gestione da Marco Tronchetti Provera). Stavolta si riparte dalla nuova Alitalia (Cai) per ricostruire la storia e il passato dei patrioti (così li definì un commosso Berlusconi) che si incaricarono di rilanciare la compagnia di bandiera italiana. La quale oggi agonizza, così come Malpensa, che doveva essere l'aeroporto chiave del rilancio, tanto da far ipotizzare il nuovo acquisto da parte della cordata straniera guidata proprio da Air France. Le storie di questi venti "capitani" sono il ritratto del capitalismo italiano, ammalato grave di lobbysmo, evasione fiscale, connivenze politiche. Ne abbiamo parlato con l'autore.

Gianni, tra le cose che colpiscono del suo libro c'è che il groviglio di interessi che "blindò" la creazione della nuova Alitalia fu tra i fatti che portarono Standard & Poor's a declassare il rating italiano.
"L'agenzia punì, se così vogliamo dire, questa dimostrazione della limitazione degli investimenti esteri nel nostro Paese, quando è normale che si attraggano capitali provenienti dall'esterno nel territorio nazionale. Qua si fa resistenza in un caso come quello della Cai e poi si svendono interi pezzi della nostra produzione. E' un mercato bloccato, lobbysta. Che ci lascia con una compagnia aerea nazionale rimpicciolita per utili e numero di rotte, con una flotta che non è stata rinnovata e conti in rosso. Ora siamo al paradosso che è stato prima respinto l'acquisto di Alitalia (passività comprese) da parte di Air France, è nata la Cai che ha lasciato a terra 7.000 lavoratori, non ha risanato gli oltre 3 miliardi di debiti che verranno in buona parte onorati dallo Stato, cioè da ognuno di noi, ha in pratica riassunto come cassintegrati i dipendenti in mobilità e dopo tre anni di monopolio (con l'acquisto di Air One, già malgestita da Carlo Toto) ha conti talmente disastrati da doversi augurare che i francesi rinnovino la loro offerta di acquisto. Questa non arriverà prima del gennaio 2013. Vedremo che succederà e soprattutto che farà Passera, che fu pilota fondamentale della cosiddetta rifondazione di Alitalia e ora ricopre il ruolo di Ministro dello Sviluppo economico e delle infrastrutture".

Nel mentre arrivano le prime rese dei conti, una volta caduto il fondale politico disegnato da Berlusconi. Sono nei guai Ligresti e Geronzi. Ma al di là delle faide tra signorotti della finanza, non c'è un modo istituzionale di inchiodare alle loro responsabilità questi personaggi?
"La magistratura fa il suo dovere, il resto può farlo la società civile con la sua capacità di indignazione, di protesta e di pressione sui politici. Quindi il primo passo è proprio informarsi, conoscere esattamente chi sono persone come ad esempio Roberto Colaninno, molto vicino alla sinistra e definito tra i "capitani coraggiosi" da Berlusconi, al centro di quello che è forse il più grosso caso documentabile di evasione fiscale. Mi riferisco alla scalata della Bell, società con sede in Lussemburgo, con l'incasso di oltre due miliardi di euro di fatto sottratti al fisco italiano".

Domanda secca: che ci fa uno come Corrado Passera in quello che viene definito come un governo di salute pubblica?
"Se si guardano i suoi precedenti, i risultati che ha ottenuto e i contraccolpi che hanno avuto le imprese finite nelle sue mani, le perplessità sul ministro Passera sono parecchie. E' un sistema di connivenze difficile da scardinare, ma guai ad arrendersi, a non provare a farlo cominciando proprio dall'accurata conoscenza del percorso compiuto fin qui da questi personaggi".

Mentre l'Italia "fa i compiti", come ama dire il neo premier Monti, quindi mentre si fanno gli interessi delle lobby finanziarie e bancarie, la produzione arranca e il mercato seguita a rallentare. E' evidente che il nostro sistema imperniato sul concetto di crescita a tutti i costi non sia più sostenibile, che ne pensa?
"Qui allarghiamo parecchio il campo della riflessione. Questa crisi prolungata è esplosa nel 2007, è una crisi sistemica che nasce dalle devastazioni create dalla finanziarizzazione dell'economia e arriva fino ai fondamentali, quindi i consumi e i livelli di produzione. Un'economia fatta di numeri fini a se stessi, di scommesse sul futuro, di corsa del debito per creare illusioni di ricchezza che implodono quando arriva il momento di pagare il conto. Se io faccio circolare velocemente fra tante persona una banconota da dieci euro, tutte quelle persone avranno la percezione che sia anche loro, il che moltiplicato per tutti coloro che sono coinvolti nella circolazione fa sembrare che ciò che vale dieci valga 1000. Ma è solo un'illusione che si innesca su un sistema evoluto la cui produzione non può essere più assorbita del tutto dal mercato. Bisogna reimpostare proprio il discorso sul sistema economico, con i suoi rifiuti della produzione da eliminare e l'impatto sempre più violento sull'ambiente".

L'economista e scrittore Max Otte tuona contro il ruolo di "voce del fato" che hanno assunto le agenzie di rating americane. Secondo Otte ci sono competenze sufficienti in Europa per creare organi di certificazione economica simili anche nell'Ue, che agiscano da contrappeso. Perché non lo si fa?
"In parte sono d'accordo ma è un'analisi un po' semplicistica. Intanto una delle tre agenzie di rating, Fitch, ha capitale francese, dunque non è solo americana. Ma anche nel caso in cui si creassero agenzie di rating europee ci vorrebbe tempo perché queste acquisissero pari autorevolezza delle tre celebri 'sorellastre' statunitensi, da tempo sul mercato. Bisognerebbe piuttosto mettere in discussione i parametri economici angloamericani, gli stessi che non hanno permesso al resto del mondo di organizzarsi in modo sufficiente a rispondere alla crisi del credito negli Usa. E' da lì che antichi mali, risalenti a decenni fa, sono tornati a galla travolgendo intere economie nazionali. Ma non bisogna crearsi alibi: se uno per dissimulare il proprio malessere grida in modo da far scoprire il mio, non mi salverò limitandomi a puntare il dito contro chi mi ha denunciato. Prima ce ne rendiamo conto meglio è".