Rubini: "Sono nevrotico, ossessivo e fobico. L'episodio che mi ha cambiato la vita a 15 anni"
"Ho accettato la mia instabilità: apre a domande e territori ignoti, che possono spaventare, ma a portarti oltre" dice l'attore e regista ospite a Giffoni. L'intervista
Tutta colpa della musica, verrebbe da dire, ascoltandolo raccontare un episodio successo quando aveva 15 anni. La musica, che per lui rimane on ogni caso passione vera, importante. Sonorità, parole e immagini.
Sono quelle di Sergio Rubini, ospite all’ultimo Giffoni Film Festival, le stesse di un autore, regista, attore, pugliese doc, tra i più navigati e creativi del panorama di cinema e tv (è stato un bravissimo Nicola Sacco nella miniserie Sacco e Vanzetti), diretto, fra gli altri, da Fellini, Ettore, Scola, Monicelli, Francesca Archibugi, Mel Gibson, Salvatores.
E pensare che "da ragazzino volevo suonare in una band", ci racconta. "Un giorno poi sono andato dietro alla tastiera del mio gruppo, trovandoci però qualcun altro. Lì ho capito che non ero adatto. A quel punto, per disperazione, ho accettato l’invito di mio padre a recitare con lui in una filodrammatica. Quella sera, all’inizio, mi faceva senso, orrore, pensai fosse il mondo dei vecchi, dei “parrucconi”, ed invece mi è piaciuto tantissimo, lì ho capito di voler fare attore. È stata una fortuna, come un solco, a 20 anni già lavoravo, tutto poi è avvenuto abbastanza naturalmente. Mentre lo facevo soffrivo, oggi posso dire di essere stato precoce, ma sul momento non me accorsi".
L’inizio di una vera avventura visiva, scandita da ruoli e voglia di raccontarsi (non solo artisticamente parlando) anche dietro la macchina da presa. Lo ha fatto con 14 film, il primo, La stazione, diretto e interpretato nel 1990, respira di autobiografia, visto che il padre è stato capostazione, era di quelle storie nel suo stile, sussurrate, autentiche, con l’allora moglie Margherita Buy. L’ultimo, I fratelli De Filippo (di cui probabilmente vedremo un seguito) è stato oltremodo un omaggio-tributo ad un mondo (teatrale) e di icone immortali. Affascinante, curato nei dettagli, quasi chirurgico.
Nel mezzo altri lavori da recuperare: La terra, Il grande spirito, Il viaggio della sposa, in oltre 35 anni di recitazione.
"Il mestiere dell’artista ha a che fare col mondo dei ragazzi, prosegue sei un esploratore, che prova a imboccare territori sconosciuti. La parola, poi, è un impegno che si prende con gli altri e con noi stessi, ci raccontiamo attraverso le parole. Oggi purtroppo contano poco, viaggiano alla velocità del fulmine, ed invece dovrebbero rimanere. Io mi esprimo attraverso i miei film, i sentimenti, tra il non detto e il detto preferisco secondo. Il primo sa di vigliaccheria. La parola ci responsabilizza, io ci credo nelle parole, le utilizziamo poco, magari sotto forma di slogan, ed invece sono una esplorazione, in cui scopriamo noi stessi. Abbiamo bisogno di sogni e lieti fine".
Sui progetti futuri continua ad essere tra quelli maggiormente prolifici.
Una serie in lavorazione, e quattro film, tra cui il debutto alla regia di Micaela Ramazzotti, Felicità, e Inferno, diretto dal grande artista Mimmo Paladino, di cui dice. "Mimmo è un grandissimo artista, ho aspettato tantissimo che facesse questo film. È la storia di questi magi (lui interpreta uno di questi, ndr) che ad un certo punto si smarriscono perché forse la cometa che li guida non è quella giusta, poi dentro ci sarà il suo mondo. Speravo francamente di vedere il film alla prossima Mostra di Venezia. Evidente che il direttore (Alberto Barbera, ndr) ha pensato ci fosse qualcosa di più importante: ma cosa c’è, mi chiedo, del più grande artista italiano vivente, riconosciuto in tutto il mondo? Mi auguro che la pellicola abbia la visibilità che si merita"
Dove trova l’energia?
"Vado in analisi con scarsissimi risultati da 25 anni perché sono un nevrotico, ossessivo, fobico. La mia energia mi serve per vivere, andare avanti, avere tante idee, cercando di realizzarle, nello stesso tempo mi consuma un po’, e così le persone accanto a me. Credo, però, nell’energia, è la cosa più importante che ogni essere umano si porta con sé, e così credo che il male più grande del mondo sia la depressione. Vivo in una perenne instabilità, ho accettato la mia instabilità: apre a domande e territori ignoti, che possono spaventare, ma a portarti oltre".