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"Priscilla" e le lacrime in sala della vedova di un Elvis mai così fragile. Nel film di Sofia Coppola

La regista presenta il suo ritratto della donna che si innamorò del re del rock and roll a 14 anni e gli restò vicina fra trionfi pubblici e crisi private

Andrea Giordanodi Andrea Giordano   

“Il momento del film in cui mi sono più identificata? La fine”. Priscilla Presley, seduta in prima fila, nei panni di produttrice esecutiva e ovviamente autrice del libro-memoria, Elvis and Me, scritto con Sandra Harmon), da cui Sofia Coppola ha tratto il suo nuovo lavoro, si commuove, rispondendo a chi glielo chiede. Ma poi si apre. Sono pochi minuti, ma intensi, veri, a testimonianza di una donna, madre, moglie, che ad un certo punto ha deciso di combattere per la propria libertà ed indipendenza, senza mai però abbandonare il suo unico e grande amore, Elvis.

Essere la moglie all'ombra del Re

Una storia, quella tra il re del Rock e l’allora Priscilla Beaulieu, cha adesso diventa ulteriormente visiva, grazie alla sensibilità di Sofia Coppola, chiamata a raccontarne la genesi, l’evoluzione, le diverse tappe. Priscilla, questo il titolo, passato in concorso alla Mostra di Venezia, segue fin da subito la cronologia emotiva di ciò che accadde effettivamente a partire dal 1957 in Germania, dove Elvis faceva il servizio militare, ed era già leggenda. Un incontro occasionale tra i due (lei aveva 14 anni), che sfociò gradualmente in una conoscenza e interesse, e poi in uno dei rapporti più noti, e ancora oggi da esplorare, tra le tante cose non dette, sfumature, dettagli.

Memorie e lacrime

“È difficile guardare un film su se stessi e sulla propria vita, sul proprio amore”, ha detto la Presley. "Sofia ha fatto bene i compiti a casa, io le ho dato tutto quello che potevo. È stato difficile all’epoca per i miei genitori capire che Elvis avesse questo interesse per me, e il perché. Io l’ho sempre ascoltato molto, lui mi raccontava i suoi timori, le speranze, la perdita di sua madre, che non ha mai superato, io sono stata io la persona che si trovava al suo fianco, e gli dava conforto. Questo era il nostro legame, l’attrazione. Le persone pensavano fosse sesso, in realtà lui era così gentile, rispettava molto il fatto che avessi 14 anni, noi avevamo gli stessi pensieri. Non so perché si fidasse così di me, io però non ho mai raccontato a nessuno, a scuola, che eravamo fidanzati. Abbiamo costruito un rapporto, che poi è continuato negli anni, finché me ne sono andata. Non è stato perché non lo amassi, lui è stato l’amore della mia vita, era per lo stile di vita. Qualsiasi donna può capire, ma questo non ha rovinato nulla, anzi abbiamo continuato a essere vicini, e poi per nostra figlia, mi sono assicurata che la vedesse. Era veramente come se non ci fossimo mai lasciati”.

Cailee che è diventata Priscilla

Ad interpretarla, nella pellicola, è la giovanissima Cailee Spaeny, 25 anni, un mix di innocenza e sensualità, capaci di stregare, e che incarna, oltre le aspettative, ciò che Priscilla Presley vivesse all’epoca. Timida e impacciata, gettatasi in un ambiente forse più grande di lei, ne fu inizialmente travolta, ma poi, però, ebbe la forza di maturare e di reagire. Non fu solo il matrimonio, la nascita di Lisa Marie (tragicamente scomparsa qualche mese fa, ndr), Priscilla fu testimone di un cambiamento radicale riguardo a ciò che sarebbe voluta diventare, lontana da Graceland.

Il tempio degli eccessi e dei ricordi

Un tempio dorato, dove spesso rimaneva ingabbiata nelle regole, ma nel quale sapeva aspettare Elvis (qui interpretato da Jacob Elordi), rincuorandolo. “Una storia”, ha detto la stessa regista, “di una donna e della sua voce”. Di una donna e del suo desiderio di realizzarsi, che non hai mai messo la parola fine, e oggi, ha ancora voglia di ricordare e condividere.

Sofia Coppola fa la cosa che le riesce meglio, ci narra di personaggi (femminili) in debito con la vita, chiamati a trovare ulteriormente il proprio posto, qualunque cosa accada. Vivono la solitudine, l’incertezza, l’inadeguatezza, come fu per Maria Antonietta, ma sanno trasformarla in rivoluzione, anarchia, decisioni, pure estreme, di futuro da riacquistare. Nel suo cinema troviamo un filo conduttore generazionale, votato a narrare del cambiamento di un universo femminile, che, anche in Priscilla, non riguarda solo lei, ma noi. Le “sue” donne, al centro della scena, ci guidano così a essere migliori, e ad andare avanti. Un po’ come Priscilla.

Andrea Giordanodi Andrea Giordano   
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