"Accompagnami a morire": due amiche, il suicidio assistito e un Almodovar che divide come mai prima
Tilda Swinton e Julianne Moore nella storia di un legame ritrovato prima del passo estremo. Un film insolito, "ghiacciato", per il grande regista
La morte, quella che scegli di darti. E un nuovo legame che l'imminenza della morte impone, dopo anni passati a detestarsi, a distruggere un'amicizia. Pedro Almodovar scava il tema del suicidio assistito, dell'ultimo atto di rispetto e dignità che possiamo darci, e lo fa con uno stile che ha spaccato in due il pubblico e la critica. La stanza accanto parla di questo, del riavvicinamento di Martha (Tilda Swinton) e Julianne Moore (Ingrid) un tempo grandi amiche, poi precipitate in una fredda indifferenza carica di rancore. Fino a quando Martha scopre di avere un tumore alla cervice uterina, innescato da una delle sue missioni sul fronte di guerra. Martha chiede a Ingrid di aiutarla a morire e di accompagnarla in questo ultimo viaggio.
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Ghiaccio struggente
La bravura delle due interpreti, come era lecito aspettarsi, è di un livello fuori dal comune. E tutto, dalla sceneggiatura ai tagli di ripresa e montaggio, fino al decor e alle luci, è perfetto in La stanza accanto, già vincitore del Leone d'oro a Venezia e con una Swinton che si è appena portata a casa la candidatura al Golden Globe (che è spesso un pre Oscar) come migliore attrice.
E' anche il primo film del regista spagnolo, icona queer e della settima arte, tutto in lingua inglese, trasposizione al cinema del bellissimo romanzo di Sigfreid Nunez Attraverso la vita. Ma piace a metà dell'audience che, da Donne sull'orlo di una crisi di nervi a Parla con lei, ha osannato finora il regista. Perché tanta compostezza, tanta misura, tanta "geometria" rendono il suo cinema rarefatto e ghiacciato come forse era accaduto prima solo nel controvero La pelle che abito.
Il Pedro che non ti aspetti e due amiche che diventano madre e figlia
E' possibile buttar via anni di odio, di rancore, di incomprensione di fronte a una malattia mortale e dunque alla decisione di fregare la morte dandosi la morte e uccidendo così la sofferenza? La stanza accanto riporta a galla questo dilemma, e la trasformazione personale anche di fronte al passaggio definitivo di questa vita. Non c'è alcuna stanza fisica accanto a un'altra, c'è la metafora di un passaggio oltre questa dimensione fatta di fragilità, di ego (Ingrid è una romanziera-guru di successo, Martha è stata per anni una giornalista ammirata e rispettata).
E il ruolo di madre e figlia che c'è spesso in ogni profonda amicizia fra donne: nel film Ingrid fa i conti con la sua pessima capacità di madre, Martha la ritrova occupandosi dell'amica che ha comprato sul dark web la pillola con cui si toglierà la vita. Attorno a loro, la natura del New England, come un ultimo abbraccio tiepido e fresco su un legame ritrovato. Poco prima di andarsene da questa Terra per sempre. E pazienza se qui non c'è lo stile per cui Almodovar è diventato una griffe, tutto colori, eccessi, carne pulsante, melodramma scatenato e provocazioni anche di grana grossa. Qui c'è l'ultimo freddo, l'ultimo calore della vita che se ne va. E la neve che, come dicono i versi di Joyce citati nel film, continua a cadere "su tutti i vivi e su tutti i morti".