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Francesco Pannofino a ruota libera: "Clooney e Denzel Washington? Ormai siamo quasi cugini"

Intervista con uno dei volti più cangianti e poliedrici di cinema, teatro e tv

Andrea Giordanodi Andrea Giordano   
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La voce maschile per eccellenza del cinema, che da George Clooney a Tom Hanks, fino a Banderas e Denzel Washington, di fatto ci ha accompagnato negli ultimi anni. Ma Francesco Pannofino è molto altro. Sì perché se le sue qualità vocali sono note, quelle recitative sono emerse altrettanto nel tempo, con pazienza e intuizione, consacrandolo come uno dei volti più cangianti e poliedrici di cinema, teatro e tv, grazie ovviamente al fenomeno seriale di Boris e al ruolo di René Ferretti. Ma l’attore, nato a Pieve di Teco, in provincia di Imperia, e trasferendosi a 14 anni, nel 1972, a Roma, di strada (e sacrifici) ne continua a fare, come “quando avevo 25 anni”.

Lo incontriamo all’ultima edizione di Cortinametraggio, chiamato a giudicare nella giuria i migliori corti. L’occasione, tra il serio e il divertente, è anche quella di ripercorrere brevemente  le sue tante passioni. Come la musica, strimpellando la chitarra, crescendo a pane e Beatles, Rolling Stones, Deep Purple, Pink Floyd, Dalla e Venditti, ma che ha frequentato in passato concretamente. Come? Scrivendo circa 20 brani, tra cui Ciak, scelta addirittura per la sigla finale della terza serie di Boris e per cui “si complimentò un mostro sacro come Francesco De Gregori”. E poi il calcio, come moderato tifoso laziale, giocando, ragazzo, da ala sinistra a terzino, vendendo “da bibitaro” le bibite allo stadio. «La verità che vado un po’ a periodi,l’artista è così», ci racconta. «Il mio lavoro è fare l’attore e non saprei che altro fare. La musica è un diversivo piacevole, ma è di tutti, è una bellissima invenzione». 

Si parla di vita e carriera, e del figlio Andrea, oggi diventato anch’esso attore, pieno di prospettive. «Sono orgoglioso di lui come giovane uomo. Lo ammiro, lo stimo, naturalmente deve farle la sua strada, ed è anche giusto che sia così, però se si appassiona al lavoro che faccio io mi fa piacere, anche perché ne conosco le insidie. Non è facile, ci vuole talento, e quello mi sembra ci sia, tanta fortuna, anche se da sola non basta. Bisogna avere pazienza, non accasciarsi di fronte al primo ostacolo, e non esaltarsi troppo al primo successo. Se da un lato Boris, sperando arrivi presto una quinta stagione, è una delle realtà consolidate, a breve (dal 5 aprile al 3 maggio, in onda ogni mercoledì su Italia 1) lo ritroveremo sui banchi di scuola nel reality show Back to school, dove è chiamato ad un confronto molto particolare. «Mi sono divertito molto, non me l’aspettavo» dice. «Mi sembrava un’ottima esperienza, era da tanto che non lavoravo con i bambini, ho trovato delle personalità importanti. La verità è che mi conosco di più attraverso le mie esperienze di vita, il lavoro occupa molta parte.

A 64 anni ormai conosco la situazione: l’ho vissuta sia da principiante, che da giovane attore. Faccio la stessa vita di quando avevo 25 anni. Mi facevo un “culo” così, chi lavora tanto si fa un bel mazzo. Se fai un film alle sette devi essere sul set, fresco e brillante, c’ho scritto pure un brano, Ciak appunto».  

La cosa di cui va più orgoglioso? «Me stesso, è tutto frutto del mio sudore.

Con George Clooney e Denzel Washington, che doppio regolarmente, siamo un po’ parenti, quasi cugini, ma Forrest Gump (Tom Hanks, ndr) rimane.È la fortuna di partecipare a grandi film».

Andrea Giordanodi Andrea Giordano   
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È cresciuto con la passione per il cinema che non lo ha mai mollato. È autore...

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