L’intelligenza (artificiale) di Sabina Guzzanti: "Mia madre? Ecco che cosa fece quando le portai il pc"
La incontriamo alla prima edizione dell’Ora Fest! diretto da Silvia Bizio: è per il suo secondo romanzo ANonniMus.
Sabina Guzzanti si nasce (per fortuna) e si diventa, si evolve sempre di più nei linguaggi, nei racconti. In più di 30 anni di lavoro lo ha fatto contro tutto e tutti, nel cinema, sul web, in tv, a teatro, usando sì l’ironia, la schiettezza, attraversando però l’attualità, le dinamiche, i temi, pensieri, parole e immagini, lo ha fatto senza mai arretrare, difendendo un modo di interpretare le cose e le situazioni sempre fedele alla propria identità. Ecco il suo valore aggiunto: quello di una protagonista assoluta e scomoda (per molti), eppure necessaria, originale, innovativa, proprio perché dotata di una personalità multiforme, ma che di fatto non si è mai snaturata, spendendo il tempo ad (auto) produrre e innescare altre cose, progetti, documentari, film, sketch, spettacoli, riflessioni. Quando la incontriamo, alla prima edizione dell’Ora Fest! diretto da Silvia Bizio, nella splendida cornice di Monopoli, è per il suo secondo romanzo, ANonniMus. Vecchi rivoluzionari contro giovani robot, edito da HarperCollins Italia. Una sceneggiatura, diventata libro per narrare di una storia distopica e divertente, ricca di colpi di scena, ambientata tra cinque anni a Roma, che parla prevalentemente di intelligenza artificiale, entrato ormai nelle nostre viste tra chat, GPT, dibattiti.
“L’intelligenza artificiale è una cosa che può diventare un mostro, ma potrebbe salvarci”, dice la Guzzanti, “è arrivata, ma non abbiamo la più pallida idea di come gestirla”, dice la Guzzanti. “Qui ci sono degli hacker della terza età (il riferimento stravolto nel nome è ad Anonymous, ndr) e c’è una scienziata, un genio del settore, si chiama Laura, che dopo aver realizzato tra l’altro una casa domotica ricca di soluzioni (frigor e water intelligenti per dire), cerca di dedicare il suo tempo a scopi etici, crea una fondazione no profit, integrando a relazionarsi chi con la tecnologia non ha dimestichezza. Comincia una lotta, che per lei va sempre peggio. Nel frattempo, il mondo del lavoro cambia tanto, rimane uguale, il mobbing, lo sfruttamento, la discriminazione, è fortificata da questi algoritmi che nessuno conosce e operano senza nessuna trasparenza, anche contro i diritti acquisiti. Scrivere, prosegue, mi diverte, l’ho sempre fatto, ma scrivere un romanzo è impegnativo, ci sono momenti di sofferenza nel non trovare le soluzioni giuste, ma anche di divertimento. È una bella soddisfazione. Scrivere romanzi ha fatto crescere la mia autostima, ho scoperto che sono più capace di quanto penso”.
Un libro dedicato alla madre, Germana Antonucci
“Le ho portato il pc, ne era inorridita; mi ha ispirato. Il mio rapporto con la tecnologia? Penso sano: cerco di utilizzarla per quella che mi serve, con consapevolezza. Ma dietro la tecnologia ci sono persone che la programmano, è una volontà nostra. Talvolta diventiamo noi le macchine, e le macchine hanno dei pregiudizi”. Dal piccolo schermo, grazie a programmi di culto come "La tv delle ragazze", Avanzi, Tunnel, il Pippo Kennedy Show, il fulmine di Raiot (rimosso dopo una sola puntata dal palinsesti), ritrovato recentemente con Propaganda Live, la Guzzanti è da anni oltremodo una regista capace di catalizzare l’attenzione sul grande schermo.
Parliamo di film (considerati) proibiti, documentari irriverenti, che però ne hanno caratterizzato l’anima rivoluzionaria: Viva Zapatero!, Le ragioni dell’aragosta, Draquila, o l’ottimo La trattativa, spaccato sperimentale e d’impatto, incentrato sul rapporto Stato – mafia. “La forza di questi lavori”, racconta, “sta nel fatto che non c’è mai retorica, c’è sempre stata chiarezza, umorismo, ma non violenza, insistenza sulla sofferenza”.
Esempi che l’hanno definita in termini di artista e professionista, ma che nel frattempo le hanno portato a doversi confrontare con la censura, i politicanti, riguardo a chi chi non l’hai mai vista di buon occhio e l’ha ingiustamente estromessa dalla libertà di espressione. “Viva Zapatero, alla Mostra di Venezia, fu un momento glorioso, c’andò grazie a Citto Maselli, con la condizione che non si rivelassero i contenuti non prima di 24 ore. Ricordo la sala enorme, strapiena, i 15 minuti di standing ovation, la presenza di tanti registi importanti, da Maselli appunto a Ugo Gregoretti. Era stato commovente, una bellissima esperienza, una grande rivincita dopo la censura, che poi non è mai stata riparata”.