Gianni Amelio e la discriminazione omosessuale: “Racconto una grande storia d’amore, molto autobiografica”
Il signore delle formiche, in concorso alla Mostra di Venezia, che arriverà in sala l’8 settembre distribuito da 01 Distribution. «Un film amato alla follia», dice il regista, ma che poi lo ha portato ad essere, come sottolinea, “infelice”
Nel cinema di un autore enorme come Gianni Amelio ricorrono spesso dei fili conduttori tematici, l’infanzia, gli scontri – incontri tra due generazioni, tra adulti e non, divisi da differenze d’età, culturali, o sociali, ma uniti dai sentimenti, dalle passioni, da una profondità emotiva. E in questo senso non si discosta l’ultimo suo lavoro, Il signore delle formiche, in concorso alla Mostra di Venezia, che arriverà in sala l’8 settembre distribuito da 01 Distribution. «Un film amato alla follia», dice il regista, ma che poi lo ha portato ad essere, come sottolinea, “infelice”.
Ho vissuto durante il film una storia d’amore tormentata, e questo tormento non passa. Il film forse ne ha giovato, se è bello lo si deve anche a questo, perché ho scoperto le stesse fragilità del protagonista
Parliamo della storia di Aldo Braibanti, scrittore, filosofo, drammaturgo, intellettuale, esperto di cinema, arte, politica e mirmecologia (lo studio delle formiche, da qui il titolo), scomparso nel 2014. Una figura enorme, che però alla fine degli anni ‘60 si trovò perseguitato, accusato di plagio nei confronti di un giovane, Giovanni Sanfratello, il famoso “caso Braibanti”, a cui, secondo il padre del ragazzo, aveva imposto le proprie visioni ed ideali, sottomesso alla sua volontà fisica e psicologica. Mentre la realtà fu quella di perseguire la relazione omosessuale tra i due.
Ne seguì una gogna mediatica, mobilitazioni importanti (da Pasolini a Moravia), un processo durato quattro anni, con una condanna a nove anni, ridotti poi a sei, scontandone alla fine due (in quanto partigiano della Resistenza), generando le cure devastanti di elettroshock perpetrate al giovane, per farlo, come si disse a quel tempo, “guarire”. Un’assurdità infarcita di pregiudizio, discriminazione, intolleranza, che però, la cronaca lo racconta troppo sesso, non si è placata neanche oggi nei confronti di viene ancora considerato “diverso”, e per questo emarginato.
Ad interpretare Aldo c’è un Luigi Lo Cascio al solito gigantesco, intenso, carico di sensibilità (bravo anche il debuttante Luigi Maltese), seguiti entrambi, soprattutto, nel graduale innamoramento, in un momento-chiave della loro esistenza. Tra accusatori e sostenitori, sospetti e censure, l’unico a ricostruire la verità è un giornalista, Ennio (Elio Germano).
La contemporaneità del film sta nello sguardo dello spettatore
ci racconta in esclusiva l’attore-simbolo emerso nel 2000 con I cento passi nei panni di Peppino Impastato. «La pellicola tocca un tema che continua a provocarci, a parlarci, ovvero la discriminazione: chi è diverso non ha legittimità di stare nella società, deve essere espulso e allontanato, cancellato, non ha diritto di esistenza. Cos’ho imparato da lui? La cosa più forte è che molto spesso non riusciamo ad essere intransigenti con noi stessi, ci accomodiamo, non sappiamo andare fino in fondo. Aldo, invece, era una persona che combatteva per vivere la propria vita, all’insegna dei propri interessi e passioni».
Nella conferenza stampa di presentata, alimentata inizialmente anche da uno scontro tra il regista ed un giornalista, uno degli interventi migliori lo ha regalato alla fine Franco Grillini, storico attivista e Presidente Onorario dell’Arcigay, “Sono felice”, ha detto ad Amelio, “che tu abbia voluto raccontare una storia d’amore. Nel film viene fuori bene questa persecuzione di stato che c’era col Fascismo quando gli omosessuali venivano mandati al confine, e che è proseguita dopo con l’ordine delle questure di portare in carcere le persone che si incontravano di notte. Questa persecuzione c’era, Braibanti ne è stato oggetto, ma c’è tutt’ora, non è vero che è stata risolta la situazione omosessuale in Italia. Prova ne è quello schifoso applauso in Senato con la bocciatura della legge Zan”.
«La pellicola», ha detto infine il regista
forse verrà etichettata solo parlando del caso, ma io racconto una grandissima storia d’amore e un ragazzo, che è molto autobiografica.