Addio a Jean Luc Godard. La scelta del suicidio assistito: "Non era malato, era soltanto esausto". Il dettaglio macabro

Il leggendario regista della Nouvelle Vague già in passato aveva tentato di uccidersi: "Conservava una lametta da barba nel portafogli". Una volta fu trovato grondante di sangue: per un amore finito male si era tagliato le vene

TiscaliNews

E' morto Jean-Luc Godard, rivoluzionario cineasta francese, uno dei fondatori della Nouvelle Vague, e uno dei più grandi registi viventi. O meglio, ha scelto di andarsene. Perché come rivela il quotidiano francese Liberation Godard è ricorso al suicidio assistito. "Non era malato, era soltanto esausto", hanno fatto sapere i suoi cari precisando che Godard, controcorrente fino all'ultimo, ci teneva che venisse resa nota la sua scelta.

Aveva 91 anni. Oltre 150 le sue opere tra film e video.

Godard è andato in fondo alle sue convinzioni

Il cineasta franco-svizzero, scrive Libération in riferimento al suicidio assistito, è riuscito ad andare "in fondo alle sue convinzioni". La moglie, Anne-Marie Miéville e i produttori hanno confermato la morte a fine mattinata, spiegando che l'autore di 'Fino all'ultimo respiro' è "morto serenamente presso il suo domicilo, circondato dai propri cari", a Rolle, sulle rive del Lago Lemano. "Non era malato, era semplicemene esausto", ha rivelato una fonte vicina alla famiglia citata dal giornale, aggiungendo che il regista "aveva quindi preso la decisione di farla finita. E' stata una sua decisione, ed era importante per lui che si sapesse". Informazioni confermate da un'altra persona vicina al cineasta, precisa il giornale nella sua versione on-line. In Svizzera, il suicidio è autorizzato per legge, dall'articolo 115 del codice penale, che risale al 1937 

si era detto favorevole a questa pratica, autorizzata in Svizzera, in occasione di un'intervista nel 2014 a margine del Festival di Cannes. Incitato alla trasmissione 'Pardonnez-moi' della Radiotelevisione svizzera RTS, il giornalista chiede al maestro della Nouvelle Vague autore di 'Fino all'ultimo respiro', se non fosse preoccupato di morire. "Non ho l'ansia di proseguire ad ogni costo. Se sono troppo malato, non ho alcuna voglia di venire trascinato su una cariola...". Potrebbe dunque ricorrere al suicidio assistito? "Si", risponde lui, aggiungendo che "per il momento", questa scelta "è ancora molto difficile".

"Se venissi a chiedervi della morfina me la dareste?": la provocazione

Che il regista fosse favorevole al suicidio assistito era noto fin dal 2014 quando ne parlò in un'intervista alla Radiotelevisione svizzera del 2014, Godard disse: "Chiedo spesso al mio medico, al mio avvocato, così, 'se venissi a chiedervi dei barbiturici (...), della morfina, me li dareste ?'...Non ho ancora avuto una risposta positiva". Se non era malato, secondo i suoi cari, Godard ha avuto una "riflessione filosofica" sulla questione del fine vita lungo tutto il corso della sua carriera. "Godard era affacinato dal suicidio", scrive il critico cinematografico Jean-Luc Douin, nel libro 'Jean-Luc Godard. Dictionnaire des passions'.

Il dettaglio macabro della lametta nel portafogli

Da giovane, il cineasta "conservava una lametta da barba nel portafogli", ricorda il giornalista. Mentre "Rohmer lo trovò un giorno nel suo studio, grondante di sangue, per un idillio finito brutalmente. Una sera, durante le riprese di 'Une femme est une femme', litigò così violentemente con Anna Karina fino a tagliarsi le vene''. Nel 2004, intervistato da Libération, l'autore di 'Pierrot le fou' (1965) rivela di aver già tentato il sucidio, "in una forma un po' da ciarlatano", dopo il 1968, "per richiamare l'attenzione su di me".

L'attrazione fatale per il suicidio

In 'Notre Musique' (2004) inserirà una citazione del 'Mito di Sisifo' di Albert Camus: "C'è un solo problema filosofico veramente serio: il sucidio". Un tema spesso presente nella sua filmografia. Nel 1987, in 'Soigne ta droite' mette tra le mani di Michel Galabru 'Suicide, mode d'emploi' ('Suicidio, istruzioni per l'uso'), un libro vietato in Francia qualche anno dopo la sua uscita, nel 1982. Possiede ancora quel libro?, chiederà il giornalista Patrick Cohen, intervistando il maestro per radio France Inter, nel 2014. "Si, si, ma è tanto tempo che non lo sfoglio", risponde Godard. Nella stessa intervista, il regista dirà di non pensare tanto alla morte, ma "alla sofferenza", al "resto, no".

La vita di un uomo controcorrente

Nato a Parigi dal genitori protestanti svizzeri il 3 dicembre 1930, preso dal demone della creatività generata dalla "Nouvelle Vague" nascente, filma i suoi primi cortometraggi e si lega di profonda amicizia a François Truffaut con cui nel '58 realizza "Une histoire d'eau". L'amico gli passa il soggetto di "Au bout du souffle" (All'ultimo respiro) con cui debutta da regista nel '59. Per dieci anni, fino al 1967, lavorerà a ben 22 titoli (tra lunghi e corti) che fanno storia, tra cui "Le petit soldat", "Les carabiniers", "Une femme est une femme", "Le mepris", "Bande à part", "Une femme mariée", "Weekend", "Deux ou trois choses que je sais d'elle". Nel frattempo seduce la sua attrice-feticcio, Anna Karina, rompe l'amicizia con Truffaut per questioni di ideologia politica ed estetica, prende le distanze dalle correnti in voga, ritagliandosi un ruolo di polemista. Nel '67 sceglie la via dell'impegno politico. Dirige "La chinoise" e dà il via al suo periodo militante culminante negli anonimi "Cinetracs" del gruppo Dziga Vertov, "Vento dell'est" con Gian Maria Volonté e "Crepa padrone tutto va bene" ("Tout va bien") con Yves Montand del '72.

Negli anni '70 si propone come pioniere delle nuove tecnologie 

In parallelo sviluppa anche un'estetica e una linguistica del cinema assolutamente fuori dagli schemi. Nel 1995 il festival di Locarno gli rende omaggio con il Pardo d'onore. Nel 2011 a lui si inchina anche Hollywood con un Oscar alla carriera ricevuto in contumacia. Di recente ha salutato il Festival di Cannes con « Adieu au language » (2014, Premio della Giuria) e "Le livre d'image" (2018). Per l'occasione la giuria decide, d'accordo con il Festival, di assegnargli una Palma d'oro speciale.