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Franco Zeffirelli, omosessuale ribelle con quel lato controcorrente mai risolto. Ora parla il figlio

Il regista è stato un uomo dalle contraddizioni affascinanti, come emerge da un'intervista concessa dal figlio adottivo Giuseppe Pisciotto, conosciuto come Pippo

Maria Elena Pistuddidi M.E.P.   

Franco Zeffirelli, regista visionario e icona del cinema e del teatro, è stato un uomo di contraddizioni affascinanti, come emerge dall’intervista concessa al Corriere della Sera dal figlio adottivo Giuseppe Pisciotto, conosciuto come Pippo. Presidente della Fondazione Zeffirelli, Pippo ripercorre la vita del padre adottivo con aneddoti e un ritratto intimo che svela un approccio all’omosessualità tanto singolare quanto controverso: un'identità vissuta con riserbo, avversa alle battaglie moderne del movimento LGBTQ+, ma radicata in una visione classica e personale.

Storia di un incontro casuale che vale una vita

Tutto inizia a Roma, in Piazza di Spagna, dove un giovane Pippo, ignaro della fama di Zeffirelli, incrocia lo sguardo del regista. "Franco mi guardava, mi trovava interessante, voleva farmi delle foto", racconta Pippo a Valerio Cappelli. La settimana successiva, Zeffirelli si presenta a La Spezia, ufficialmente per lavoro, ma Pippo sospetta fosse una scusa per rivederlo. "Non sapevo chi fosse, pensavo a un fotografo che lavora nel cinema". La svolta arriva con un servizio al telegiornale: Zeffirelli è vittima di un grave incidente d’auto con Gina Lollobrigida, e Pippo scopre di avere davanti l’autore del celebre Romeo e Giulietta. Da lì, l’invito a trasferirsi a Roma segna l’inizio di un’amicizia destinata a evolversi in un legame familiare.

ll rapporto non è privo di tensioni. Pippo diventa assistente di Zeffirelli da Fratello sole, sorella luna (1972), reggendogli il copione su set che lo vedono inesperto ma curioso. "Ero geloso, lui voleva essere libero. Litigammo", confessa. Dopo tre anni di silenzio, trascorsi a New York con registi come Coppola e Ivory, Pippo torna a Roma nel 1981, quando entra in scena Luciano, l’altro figlio adottivo. "Adottò anche lui, ma il mio rapporto con Franco era diverso: lo seguivo in ogni vicenda artistica".

L'adozione e quella famiglia non convenzionale

L’adozione di Pippo e Luciano, formalizzata nel 1999, è un capitolo cruciale. "All’inizio rifiutai", ricorda Pippo. Zeffirelli, nato fuori dal matrimonio e cresciuto senza una famiglia tradizionale, sentiva il bisogno di costruirne una propria. "Voleva qualcuno che gli appartenesse come figlio". Un desiderio che stride con la sua opposizione all’adozione da parte di coppie omosessuali. "Franco era contrario all’adozione di due persone dello stesso sesso", spiega Pippo, evidenziando una visione che considera la famiglia tradizionale – con un padre e una madre – come unico modello valido. Eppure, lui stesso, omosessuale dichiarato, scelse di adottare due adulti, un atto che riflette la sua idea di genitorialità come legame affettivo, non biologico né legato a schemi contemporanei.

Un omosessuale contro il movimento gay

Zeffirelli viveva la sua omosessualità in modo riservato. "Ne parlava solo con pochi amici intimi, Mauro Bolognini, Piero Tosi, Umberto Tirelli. Avevano vissuto insieme da bohémien", dice Pippo. Contrario al matrimonio gay e ai Gay Pride, che definiva "una carnevalata orrenda", Zeffirelli si distaccava dalla modernità del movimento LGBTQ+. In un’intervista del 2009 a Il Giornale, aveva dichiarato: "Il movimento gay mi ha sempre fatto schifo. L’omosessuale non è uno che sculetta e si trucca. È la Grecia, è Roma. È una virilità creativa". Per lui, insomma, l’omosessualità era un’esperienza intellettuale e culturale, non una bandiera da sventolare. Una posizione che lo rendeva un outsider persino tra chi condivideva il suo orientamento, ma che trovava radici nella sua fede cattolica e nel rifiuto dell’esibizionismo. 

E un eretico del suo tempo

Franco Zeffirelli resta un enigma: un omosessuale che rifiutava i paradigmi moderni della sua identità, un regista che costruì una famiglia atipica pur opponendosi alle adozioni gay, un cattolico devoto che viveva la sua sessualità con discrezione. Attraverso gli occhi di Pippo, emerge un uomo che sfidava le convenzioni, non per ribellione, ma per una visione personale e controcorrente. Un maestro che, come i suoi film, continua a dividere e affascinare.

Maria Elena Pistuddidi M.E.P.   
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