[La recensione] L'addio tenero e struggente di Robert Redford. Ecco cosa ci lascia in eredità

A 82 anni ha detto basta alla recitazione e “The Old Man & The Gun”, nelle sale il 20 dicembre, è il suo ultimo film come attore che finisce come finiscono le storie vere e bellissime

Un film perfetto per dire addio al cinema. Un personaggio perfetto per andarsene come i veri grandi, che spariscono dietro le quinte mentre l’orchestra suona e il pubblico applaude in piedi, nel tentativo, inutile ma allo stesso tempo necessario, di richiamare l’artista sul palco. Robert Redford a 82 anni ha detto basta alla recitazione e “The Old Man & The Gun”, che sarà nelle sale il 20 dicembre, è il suo ultimo film come attore.

Una storia vera diventata leggendaria

Un film crepuscolare, tenero e a suo modo eroico perché racconta una storia bellissima e struggente, come solo quelle vere sanno essere. E perché l’eroismo non sempre coincide con eserciti da comandare, folle plaudenti o sacrifici da compiere: a volte basta fare ciò che si ama visceralmente, seguendo la propria passione anche quando ti porta ai margini della società, fuori dalla legge. E il suo Forrest Tucker è proprio un tipo del genere. Un bandito gentiluomo, un criminale che svaligia le banche col sorriso e la gentilezza, senza mai usare la pistola e che continua a farlo a dispetto delle tante volte che è finito in carcere, delle altrettante volte che è riuscito ad evadere e soprattutto dell’età che avanza. Così lo ritroviamo ultrasettantenne con il viso solcato dalle rughe ma l’entusiasmo di un ragazzino che gli permette di mettere su una banda a tre ribattezzata “la band dei vecchietti d’assalto” dall’investigatore John Hunt (Casey Affleck) che gli dà implacabilmente la caccia e che finisce per essere un nemico speculare, visto che anche lui, anche se su altri terreni, è innamorato di ciò che fa e non insegue ambizione, riscatto, fama o potere. Ma solo il gusto di farlo.

Sissy Spacek e Robert Redford, gara di fascino e bravura tra i due.

C'è anche il grande Tom Waits

A dirigerlo c’è David Lowery, a sostenerlo nelle sue imprese leggendarie perfino il grande Tom Waits, a farlo innamorare per l’ultima volta sul grande schermo Sissy Spacek. Ed è anche questo amore tardivo, fatto di segreti e piccole bugie, di silenzi in cui ci si capisce alla perfezione e di confessioni struggenti, privo di retorica ma denso di malinconico disincanto, a costituire un altro elemento di fascino del film che nella colonna sonora confezionata da Daniel Hart trova ideale compimento volutamente vintage. Finisce come deve finire. Come finiscono queste storie incredibili. Come non potrebbe altrimenti. Con quel sorriso dolce e un po’ sfrontato che Redford ci lascia in eredità.