Su Dante, Pupi Avati racconta l'irraccontabile: quel primo sguardo su Beatrice. Castellitto: “Il Vate è il futuro”
Il film di Pupi Avati (nelle sale dal 29 settembre) è un viaggio nella vita di Dante, un uomo oltre il poeta
Pupi Avati azzarda, o meglio prova a raccontare l’irraccontabile: Dante Alighieri, il sommo poeta, l’autore della Divina Commedia. Ma come? “Senza tenerlo sul piedistallo, come hanno fatto durante le celebrazioni dei 700 anni dalla morte”, ci dice il regista che ha realizzato il film della vita, bensì umanizzandolo, perché tutti hanno fatto di tutto per disumanizzarlo”. Pupi Avati nel suo Dante (dal 29 settembre nei cinema) ci parla dell’uomo, delle tappe della sua vita e soprattutto del dolore e delle di sofferenze prima e dopo l’esilio.
Lo vediamo da bambino quando perse la madre, a 9 anni quando incrociò per la prima volta lo sguardo della donna della sua vita, Beatrice. “In quello quello sguardo c’è l’emozione del mondo”, dice Avati, “E Beatrice, interpretata da Carlotta Gamba, ne è consapevole: non è un’entità astratta, o una Barbie””.
Le tappe fino alla morte avvenuta nel 1321 vengono raccontate da Boccaccio (Sergio Castellitto) durante il viaggio che fece nel 1350, da Firenze a Roma, per risarcire la figlia del sommo poeta con dieci fiorini d’oro. È un viaggio nella memoria che ci porta dove nessuno regista si era mai avventurato: nelle pieghe della vita tragica di un uomo che vive nel dolore e che dal dolore diede vita all‘opera letteraria più grande.
A scuola abbiamo studiato tutti Dante. E molti lo hanno odiato. “Questo film potrebbe avvicinare i giovani a colui che sembra intoccabile – afferma Castellitto – perché offre una chiave di lettura sorprendente rispetto alla scolasticità: il film ci dice che oltre a essere stato il sommo poeta è stato un uomo esiliato e povero, che ha combattuto la guerra e non ha potuto godere dell’amore della vita”.
Dante, interpretato da Alessandro Sperduti, “non è il passato. È il futuro. I versi di un poeta sono sempre il futuro – è convinto Castellitto - Siamo abituati a una memoria corta, a non andare troppo indietro nel tempo, se non per strumentalizzazioni politiche, come vediamo oggi nella campagna elettorale che si va a prendere il fascismo e l’antifascismo. In realtà affondare nel passato significa andare nella psiche della storia. Il verso: ‘Nel cammin di mezza via mi ritrovai in una selva oscura”, è un verso psichiatrico. Quell’oscurità è di chi ha la mente annebbiata”.
Oggi occorre scoprire poeti che hanno remato contro il potere: Dante fu esiliato per la sua avversione al Papa. “Oggi si sente sempre più l’esigenza di riscoprire un altro gigante come Pierpaolo Pasolini – dice Castellitto - Anche nella sociologia pasoliniana c’è molta psiche. E c’è molta affinità tra i due: pensiamo alla descrizione di Beatrice da parte di Dante e alla descrizione romantica di Pasolini della madre Susanna. Nella poesia possiamo trovare la salvezza”.