Oscar, trionfa la follia visionaria dei Daniels. I grandi sconfitti. Lady Gaga non vince ma incanta tutti

il trionfo di "Everything Everywhere All At Once" tra Metaverso, surrealismo e dark comedy fa la storia. Il riscatto di Brendan Fraser. Spielberg a bocca asciutta, così come l'Italia

Multiverso e rinascite attoriali, l’emozione intima di Lady Gaga, l’orrore della Prima Guerra Mondiale. Hollywood, per una notte, torna al centro dell’attenzione globale celebrandosi, e celebrando, i migliori film, attori, tendenze del panorama. Ma gli Oscar hanno ancora un senso? In parte sì. Perché se da un lato, la statuetta coniatanel 1929, resiste tra i must sacri dell’industria cinematografica, dall’altro, prova a inseguire i flussi, aprendosi ormai alle piattaforme, come l’anno scorso con Coda, alle pellicole non americane, vedi il fenomeno Parasite, e ad una certa innovazione bizzarra e fuori dalle righe. Ed è in questa ultima direzione che va Everything Everywhere All At Once, diretto da Daniel Kwan e Daniel Scheinert, i “Daniels”, già artefici di Swiss Army Man, ma che qui si sono superati, sconfinando definitivamente nel Multiverso. Sono loro a trionfare, a far voce grossa davanti a un mostro sacro come  Steven Spielberg, rimasto a bocca asciutta col suo ultimo gioiello semi-autobiografico, The Fabelmans, e che però, ad onor del vero, li aveva già “benedetti”, incensati, come ispirazione. Saranno loro (forse) da ora a rianimare un dibattito 2.0, non certo privo di critiche e riflessioni, provando a ridare vitalità, energia, ad un settore altalenante.

Sette Oscar per "Everything Everywhere all at Once"

Intanto i sette premi conquistati (tra cui montaggio e sceneggiatura originale) parlano più di qualunque pregiudizio, dichiarando ufficialmente aperta la sfida (a questo punto vinta) al Sistema Hollywood e verso i grandi maestri. I Daniels fanno dunque il jackpot. Nella notte piovono le statuette come miglior film e regia (non succedeva ad una coppia dai fratelli Coen) regalando nel contempo al cast le occasioni della vita. Accade dall’attrice protagonista, Michelle Yeoh, che dopo essersi fatta letteralmente le ossa in pellicole come La tigre e il dragone, a 60 anni compiuti, conquista tutti dal podio più alto, battendo una delle possibili favorite, Cate Blanchett. Sbanca lei, sbancano l’attore non protagonista, il redivivo Ke Huy Quan, l’ex bambino prodigio de I Goonies e Indiana Jones e il tempio maledetto, tornato a recitare dopo 20 anni, e la splendida (e qua trasformata) Jamie Lee Curtis, miglior attrice non protagonista.

La storia dell'immigrata cinese con la lavanderia a gettoni che non riesce a pagare le tasse conquista tutti

Una storia visionaria, quella di Everything Everywhere All At Once (che ritornerà in sala per la terza volta, distribuita da I Wonder Pictures), che sembra strizzare l’occhio al Surrealismo più estremo, a cavallo tra realtà e sogno, ma che invece ha saputo sintonizzarsi oltremodo coi tempi che viviamo, ed in cui convivono contaminazioni, rimandi videogames, dark comedy, arti marziali, tecnologia, originalità, universi paralleli, follia creativa. Universi, in cui fluttua appunto Michelle Yeoh, un’immigrata cinese sbarcata in America che gestisce una lavanderia a gettoni insieme al marito, seppur sia quasi prossima al divorzio, madre di una figlia dichiaratamente lesbica, e travolta infine da debiti e problemi fiscali.

Destino segnato? Nient’affatto. Tutto cambia quando un’altra versione del marito le appare, confidandone che ogni scelta genera un “salto-verso” in altre dimensioni, dove ritroverà i “sé alternativi”, dotati di corpo e abilità diverse, di mani a forma di hot dog, di esperienze impreviste, capaci però di riconciliarla, riportandola poi lì, da dove era partita.

Jeans strappati, niente trucco, esibizione minimalista: così Lady Gaga si prende la scena agli Oscar.

Aria fresca, energia rivitalizzata. Pare di sì. Eppure la storia, quella vera, legata alla Prima Guerra Mondiale, tiene testa per tutta la sera. Succede grazie all’altro titolo-rivelazione della stagione, Niente di nuovo sul fronte occidentale, il war movie tedesco diretto da Edward Berger, uscito su Netflix, che conquista quattro premi, miglior fotografia, film internazionale, scenografia e colonna sonora, lanciando un nuovo astro nascente (qua debuttante), Felix Kammerer.

Elvis, The Fabelmans e Tàr rimangono a secco

Categorie tecniche importanti, in cui soccombono film come Elvis di Baz Luhrmann, rimasto completamente a secco, o gli stessi The Fabelmans e Tár. Ma probabilmente la rinascita  più importante arriva da Brendan Fraser, eletto a furor dell’Academy miglior attore protagonista grazie a The Whale (vincitore pure nella categoria trucco) diretto da Darren Aronofsky. Un ritorno insperato per l’ex star della saga de La Mummia, e a cui neanche Mickey Rourke, candidato in un altro film del regista americano (The Wrestler) era riuscito ad arrivare. “Grazie a tutti, avete un cuore da balene, solo le balene sanno andare in profondità”, ha detto dal palco, facendo riferimento al suo ruolo, un professore affetto da obesità, che poco prima di morire, trova il modo di fare pace con sé stesso e la figlia a cui aveva sempre rinunciato.

L'assenza di Tom Cruise e James Cameron

 Il resto recita un copione già scritto: i costumi (nuovamente) a Ruth Carter per Black Panther: Wakanda Forever, o la sceneggiatura non originale “politically correct”, andata a Sarah Polley nel femminista Women Talking. In una serata alquanto noiosa, e con qualche assenza di peso, da Tom Cruise a James Cameron (Avatar – La via dell’acqua ha vinto negli effetti speciali), i salvatori della rinascita negli ultimi botteghini mondiali, ad emozionare è invece Lady Gaga.

Lady Gaga struccata e jeans strappati: tre minuti di splendore

Una presenza che pareva incerta all’inizio, ma che invece ha fatto la differenza, prima sul red carpet, sorprendendo poi dal palco, struccata, pantaloni strappati, cantando il brano Hold My Hand tratto da Top Gun:Maverick. Tre minuti di splendore, in cui ha lanciato il suo accorato messaggio: “Possiamo essere eroi, anche quando ci sentiamo fragili”.Eroi, eroine, che alla fine, dal Multiverso, iniziano da oggi a guardarci dritti in faccia anche nella nostra di realtà.