Indimenticabile Mariangela Melato. Renzo Arbore: "La canzone di Battisti che ci ha fatto innamorare"
Dieci anni fa, l'11 gennaio del 2013, se ne andava Mariangela Melato. A ricordare la grande attrice, oltre a il documentario in onda su Rai Storia "Mariangela!", è l'amore di sempre, Renzo Arbore: "È stata la più grande attrice del teatro italiano di sempre", confessa il grande showman all'Ansa e poi rivela. "Sono dieci anni che non c'è ma per me è come se fosse andata via ieri. Il dolore è rimasto quello, l'assenza costante. Perché non solo era un'artista di grandissimo talento, ma era proprio una donna, una persona bravissima".
Renzo Arbore, che la diresse ne "Il Pap'occhio", esprime anche un cruccio: "Non credo sia stata celebrata come meritava. Spero sempre che qualcuno ne riscopra il grande valore d'artista. È stata una vera eccellenza italiana". La Melato era nata a Milano il 19 settembre del 1941, ma i suoi personaggi, in palcoscenico come in tv e al cinema, sembrano tutti interpretati oggi, per la straordinaria autenticità che donava loro. "Era coltissima anche se veniva da una famiglia di umili origini" (il padre era vigile urbano, la mamma sarta), "ironica, indipendente, sfuggiva alle regole dello spettacolo", prosegue Arbore. " "Non l'ho mai sentita cadere in piccinerie, invidie. Era curiosa di tutto e con una gran passione per l'arte e gli artisti. Non a caso era molto amata dai colleghi".
La loro storia è iniziata all'alba degli anni '70. "L'avevo vista a una premiazione dei Nastri d'argento - sorride lui - La invitai a una festa a casa di Agostina Belli, l'attrice. C'era anche Lucio Battisti che teneva a farci ascoltare una canzone che ancora non aveva inciso. Mariangela ed io, eravamo entrambi reduci da storie malamente finite e quando lui intonò 'io vorrei, non vorrei ma se vuoi…' ecco, lì scattò un'intesa e ci innamorammo. Un amore che è durato tutta la vita, anche se abbiamo avuto altre storie, perché non era solo amore, ma stima, amicizia. Con lei ho scoperto il teatro con la T maiuscola, quello dei grandi registi, dell'avanguardia. Ricordo l'Orestea diretta da Ronconi: sei ore filate di spettacolo, in cui Mariangela recitava coperta di bende. Uno sforzo incredibile. Quando uscì in scena a un certo punto, mi riconobbe in platea appeso a una colonna per la disperazione", ride. "Ma ha fatto veramente di tutto", prosegue citando "Caro Michele" di Mario Monicelli, "Mimì metallurgico ferito nell'onore" e l'ormai cult "Travolti da un insolito destino" di Lina Wertmuller, la Filumena Marturano di Eduardo. A scorrere tutti i "grandi" con cui ha lavorato, dalla prosa al musical, non si finisce più: Luchino Visconti, Elio Petri, Giorgio Strehler, Pupi Avati, Giuseppe Bertolucci, Garinei e Giovannini, Vittorio De Sica, Luigi Comencini. "La sua lezione? I 'codici' cui attenersi per fare bene questo lavoro: ovvero farlo con rispetto, per sé stessi, per il pubblico e i colleghi. Non per ambizione e vanità, ma per la bellezza e il valore del lavoro artistico in se'.