"Mangiami e amami": gli appassionati cannibali di Luca Guadagnino scuotono Venezia
Cannibali emotivi, profondi, in crisi, divisi tra il divorarsi con gli occhi, e il non farsi invece divorare continuamente da rimorsi e sensi di colpa, alla ricerca semmai della propria identità e della verità su chi siano. "Bones and All", il nuovo e atteso film americano del regista


Cannibali alle prime armi, da iniziare, e iniziarsi. Cannibali bisognosi di nutrisi e cibarsi, di riconoscersi, e trovare un proprio posto nel mondo. Cannibali emotivi, profondi, in crisi, divisi tra il divorarsi con gli occhi, e il non farsi invece divorare continuamente da rimorsi e sensi di colpa, alla ricerca semmai della propria identità e della verità su chi siano. Bones and All, il nuovo e atteso film americano di Luca Guadagnino (uscirà il 24 novembre, distribuito da Vision), adattamento della novella di Camille DeAngelis, in lizza per il Leone d’Oro alla Mostra del Cinema di Venezia, va anche in questa direzione, attraversando un’America anni ‘80, dal Kentucky al Midwest evocativo e forse poco conosciuto, l’America di Reagan, di Rudolph Giuliani, allora Procuratore Federale. Un on the road vero, che regala oltremodo uno sguardo romantico, appassionato (e cruento) sull’amore, l’accettazione, ma che affronta temi come l’emarginazione, l’identificarsi, spesso ricorrenti nel cinema del regista italiano, consacrato ormai tra gli autori italiani più internazionali e riconosciuti.
Una storia inserita nel passato, ma che diventa fortemente contemporanea, svelando i lati nascosti dei personaggi, immersi, mimetizzati in una società che sembra di fatto non vederli o riconoscerne la minaccia, che li isola.
Sono due in particolare, una coppia di adolescenti: il giovane vagabondo Lee, interpretato da Timothée Chalamet, tornato a lavorare con il regista a cinque anni da Chiamami col tuo nome (per il quale ricevette la nomination all’Oscar), e Maren (interpretata dalla brava ed intensa Taylor Russell). Si fiutano, come ognuno dotato di quello strano desiderio, si innamorano al punto da dirsi (mangiami e amami). Ma non sono gli unici ad essere in questa condizione. Altri infatti “vivono” nell’ombra, agiscono d’istinto, come se tutto fosse naturale, organico. Nel trovarsi, Lee e Maren, intraprendono un viaggio esistenziale e fisico, in particolare per lei, desiderosa di ritrovare la madre (Chloë Sevigny), e capire da dove tutto sia partito. Il destino li unisce e disunisce, ce li fa assaggiare morso dopo morso, bacio dopo bacio, tra confidenze e riflessioni, tra riscatto e lotta, nei confronti di personaggi, tra cui Sully (l’ottimo Mark Rylance), che si mette sulle loro tracce, deciso a non mollare l’osso, a rompere forse le regole e i limiti del loro micro universo.
«Da anni ragionavo sul paesaggio americano», ci racconta il regista. «Un immaginario che mi ha influenzato e formato. «Credo in maniera inconsapevole di aver rimandato il momento, una vastità del genere meritava maturità, che qui si è manifestata in maniera imprevista, famigliare. Quando ho letto la sceneggiatura ho capito che si parlava di identità, di qualcuno in cerca di una possibilità nell’impossibile. A che punto sono del mio percorso? Se lo sapessi ne sarei annoiato. La mia ambizione nel cinema, da un lato, è quella di avere il controllo sul meccanismo dell’opera, mentre dall’altro è abbandonarmi al piacere assoluto di lavorare con amici importanti, che contribuiscono alla creatività».
E alla fine l’esperienza è di quelle intriganti, suggestive, ben orchestrata da un Guadagnino attento a calibrare momenti, situazioni, musiche (dai Radiohead a Billie Eilish, ai Kiss, con Lick It Up), impreziosendosi poi della colonna sonora composta dai geniali Atticus Ross e Trent Reznor, scandendo il ritmo tra chitarre e note individuali.
«Il film mi ha fatto pensare molto», aggiunge il co-protagonista, Timothée Chalamet.
Sono storie di chi non può sottrarsi alla propria profezia, ma anche di anime spezzate, di persone diseredate, che cercando la propria tribù che li capisca. Io l’ho trovata in Europa, grazie ai miei genitori e tra le persone dello spettacolo. I personaggi, attraverso lo specchio d’amore, riescono alla fine a trovare un modo per formarsi e crescere».